La pensione di invalidità civile non è dovuta al cittadino residente in uno Stato estero. Infatti, in base all’articolo 10-bis del regolamento CEE del 14 giugno 1971 le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, non aventi carattere contributivo, non sono esportabili in ambito comunitario. Quindi sono erogabili solo nello Stato membro ove gli interessati risiedono.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nell’ordinanza n. 21901 del 7 settembre 2018. Nel caso di specie, l’assegno di invalidità non è dovuta al cittadino residente fuori dal territorio nazionale.
Pensione di invalidità civile: la vicenda
La vicenda riguarda un invalido civile che mentre risiedeva all’estero ha fatto domanda per ottenere la relativa prestazione dall’INPS. Di diverso avviso era l’Istituto previdenziale invece che ha negato la prestazione. Al che l’invalido ha agito per vie legali.
Secondo quest’ultimo la legge italiana non poneva alcuna esclusione di tale diritto nei confronti dei cittadini che al momento della domanda risultassero residenti all’estero. Ma al massimo, la prestazione poteva essere sospesa per il periodo in cui si comprovava le residenza all’estero.
Sulla base di ciò, i giudici calabresi hanno dato ragione all’invalido sia in sentenza di primo che secondo grado, condannando l’INPS all’erogazione della prestazione in trattazione.
L’INPS non si dà per vinto e propone ricorso per Cassazione con unico motivo.
Secondo l’INPS vi era la violazione e falsa applicazione dell’articolo 10-bis del regolamento CEE del 14 giugno 1971, come modificato dal regolamento n. 1247 del 30 aprile 1992, in quanto era provato che il richiedente nel periodo che va dal 1 settembre 2005 sino alla morte del 17 giugno 2006 fosse residente all’estero.
Stessa cosa poteva dirsi per gli eredi, anch’essi peraltro tutti residenti all’estero, non avevano titolo per pretendere il pagamento dei ratei di pensione di invalidità per il periodo indicato, in quanto la residenza sul territorio dello Stato Italiano costituisce un requisito costitutivo del diritto alla provvidenza richiesta.
Pensione invalidità civile estero: la sentenza
Ebbene, i giudici della Corte di Cassazione hanno dato ragione all’INPS ribaltando completamente le pronunce di primo e secondo grado.
Il motivo principale che ha fatto sì di sentenziare a favore dell’INPS, concerne la corretta applicazione del regolamento CEE 1247 del 30 Aprile 1992. Tale regolamento prevede che le prestazioni, siano esse assistenziali o previdenziali (come l’invalidità civile nel caso di specie), sono erogabili esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono ed ai sensi della sua legislazione.
Al riguardo, si ricorda che
- per interventi di tipo assistenziale s’intendono quelli realizzati a beneficio di ogni cittadino che sia inabile al lavoro e che manchi dei mezzi di sostentamento;
- mentre per le prestazioni previdenziali si ci riferisce a quelli che tendono ad assicurare mezzi adeguati alle loro esigenze di vita al verificarsi di eventi che riducono o azzerano la capacità lavorativa e di guadagno.
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Dunque, nel caso di specie, la pensione d’invalidità civile può essere riconosciuta solamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono; ciò fa sì che la prestazione in questione è del tutto “inesportabile” negli Stati membri dell’Unione europea.
Pensioni: quali sono quelle inesportabili?
Per l’Italia, tra le pensioni inesportabili si ricomprendono:
- pensioni sociali;
- assegni e le indennità ai mutilati ed invalidi civili;
- pensioni e le indennità ai sordomuti;
- pensioni e le indennità ai ciechi civili;
- integrazione della pensione minima;
- integrazione dell’assegno di invalidità;
- assegno sociale;
- maggiorazione sociale.
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