La Cassazione è intervenuta nuovamente in materia di infortunio in itinere, con sentenza n. 22154 del 20 ottobre 2014 ha stabilito che l’infortunio in itinere può essere riconosciuto al lavoratore solo nel caso in cui l’utilizzo dell’auto propria per raggiungere il luogo di lavoro è strettamente necessario.
La Sentenza della Cassazione è arrivata dopo che in primo grado il Tribunale aveva dato ragione al lavoratore, successivamente la Corte di Appello di Ancona rigettava la domanda proposta dal lavoratore con cui si chiedeva la condanna dell’Inail al pagamento della rendita ex D.P.R. n. 1124 del 1965 nonché dell’indennità per inabilità temporanea in relazione all’infortunio in itinere subito dal lavoratore.
L’infortunio si era verificato poco prima delle 8.00, orario di inizio della prestazione lavorativa, mentre il lavoratore si trovava alla guida dell’autovettura lungo il tragitto per raggiungere il posto di lavoro. Mediante consulenza tecnica d’ufficio, disposta dalla Corte d’Appello, era stato accertato che la distanza tra l’abitazione e l’ingresso della ditta era di poco meno di un chilometro. Tale distanza era coperta da un servizio di linea di trasporto pubblico con partenze alle 7.05 ed alle 7.55, con percorrenze del tragitto in circa tre minuti.
La Corte di merito aveva quindi motivato la sua decisione ribadendo che nel caso specifico l’uso del mezzo proprio non era strettamente necessario, sia perchè il lavoratore aveva senz’altro a disposizione il servizio di linea, “utilizzando anche la corsa delle ore 7.55, tale da consentirgli di raggiungere il posto di lavoro all’orario di lavoro programmato”, e sia perchè, data la media età lavorativa e la mancata allegazione di problemi fisici o di salute, il tragitto non superiore al chilometro era comodamente percorribile anche a piedi senza eccessivo dispendio di energie fisiche.
Il lavoratore ricorreva in Cassazione apponendo le seguenti motivazioni:
- l’uso del mezzo meccanico era giustificato dalla distanza tra abitazione e luogo di lavoro, tenuto conto che la “giurisprudenza, che indica notoriamente la distanza minima in circa metri 600 metri, è pacifica e consolidata;
- utilizzando il servizio di linea alle ore 7.55 sarebbe giunto alla fermata in prossimità della ditta alle 7.58, dovendo altresì percorrere più di 100 metri prima di entrare nello stabilimento, raggiungere gli spogliatoi, cambiarsi e timbrare il cartellino entro le ore 8.00, con impossibilità di rispettare l’orario di lavoro “notoriamente disciplinato” dal CCNL dei metalmeccanici.
La Cassazione ha tenuto conto delle motivazioni addotte dalla Corte d’Appello…
“data la media età lavorativa e la mancata allegazione di problemi fisici o di salute, il tragitto non superiore al chilometro era comodamente percorribile anche a piedi senza eccessivo dispendio di energie fisiche”.
Trattasi di ragioni della decisione, l’ultima delle quali neanche adeguatamente censurata, sicuramente coerenti ai principi di diritto enunciati e priva di vizi logici.
…e in definitiva rigetta il ricorso e quindi nega l’infortunio in itinere stabilendo che:
la scelta da parte del ricorrente del mezzo personale poteva essere dettata da ragioni del tutto legittime, ma per traslare il costo di eventuali incidenti stradali sull’intervento solidaristico a carico della collettività era necessario che tale uso fosse assistito da un vincolo di “necessità”, nella specie coerentemente escluso dai giudici di merito in presenza di alternative possibili.