Negli ambienti di lavoro, il rispetto delle regole aziendali e delle normative di sicurezza rappresenta un pilastro fondamentale per il corretto svolgimento dell’attività lavorativa. Tra queste rientrano anche le norme sul divieto di fumo, pensate per tutelare non solo la salute dei singoli lavoratori, ma anche per garantire condizioni sicure e ordinate a beneficio dell’intera collettività aziendale.
Il tema è tanto più attuale se si considera che in molti contesti professionali il fumo è stato per anni tollerato, pur in presenza di divieti espliciti. Una situazione che ha alimentato dubbi e comportamenti ambigui, rendendo incerta la linea tra ciò che può essere accettato e ciò che, invece, configura una violazione disciplinare. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha contribuito a chiarire questo aspetto, affermando che il divieto di fumare deve essere rispettato anche quando in passato comportamenti simili non sono stati oggetto di contestazione.
Il caso esaminato dalla Corte
Il fatto oggetto della pronuncia riguarda un lavoratore sorpreso a fumare in un’area riservata di un aeroporto, definita “air-side”, ovvero una zona soggetta a rigide regole di accesso per ragioni di sicurezza. Il dipendente ha cercato di giustificarsi affermando che, da tempo, quella condotta era diffusa tra i colleghi e che anche i superiori non avevano mai manifestato esplicito dissenso.
Pur prendendo atto della consuetudine, il datore di lavoro ha scelto di aprire un procedimento disciplinare che si è concluso con il licenziamento per giusta causa. Il provvedimento è stato fondato sulla violazione di un divieto aziendale chiaro, riferito a un’area in cui la sicurezza impone il rispetto rigoroso delle disposizioni.
La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento, sostenendo che il lavoratore era perfettamente consapevole del divieto e della sua rilevanza, soprattutto considerando la delicatezza del contesto operativo.
Secondo la Corte, la prassi tollerata nel tempo dal datore di lavoro non ha il potere di cancellare l’illiceità di un comportamento, né può essere utilizzata come scusante. Le regole in materia di sicurezza e salute sono da considerarsi inderogabili, anche in presenza di precedenti che lasciano intendere una certa permissività.
La tolleranza non giustifica l’infrazione
La pronuncia affronta anche il tema della tolleranza aziendale. In molti luoghi di lavoro può accadere che condotte non corrette siano lasciate correre per mesi o anni, dando ai lavoratori l’impressione che siano accettabili. Pensiamo, ad esempio, a un impiegato che per mesi accende una sigaretta all’ingresso secondario dell’azienda, alla vista di tutti, senza che nessuno intervenga o segnali la questione.
In casi come questi, può radicarsi la convinzione che si tratti di una prassi informale. Tuttavia, secondo la Cassazione, l’inerzia del datore di lavoro non equivale a un’autorizzazione implicita. Quando il comportamento viola norme poste a tutela della salute o della sicurezza, resta comunque sanzionabile. La consapevolezza del lavoratore e il contesto specifico incidono direttamente sulla gravità della violazione.
Le implicazioni per lavoratori e aziende
La decisione in commento offre spunti di riflessione importanti per entrambe le parti del rapporto di lavoro. I dipendenti sono tenuti a conoscere e rispettare le regole aziendali, anche in assenza di sanzioni pregresse. L’idea che “così si è sempre fatto” non può rappresentare una giustificazione sufficiente per eludere disposizioni chiare.
Per i datori di lavoro, invece, è utile mantenere coerenza nella gestione del personale. Le regole devono essere applicate in modo uniforme e senza ambiguità. Una comunicazione chiara, un regolamento interno aggiornato e una vigilanza attiva aiutano a prevenire incomprensioni e possibili contenziosi.
L’uso della sigaretta elettronica
Un tema strettamente legato riguarda la sigaretta elettronica. Anche se priva di combustione, il suo utilizzo può essere vietato in base al regolamento interno dell’azienda. Questo accade soprattutto nei luoghi chiusi, in ambienti frequentati da utenti esterni o dove siano presenti dispositivi sensibili.
Per approfondire l’argomento, è disponibile una guida dedicata all’uso della sigaretta elettronica sul posto di lavoro.
La pausa sigaretta: quando spetta
Un altro aspetto spesso al centro del dibattito riguarda le cosiddette “pause sigaretta”. A differenza di quanto si pensa, non si tratta di un diritto automatico. I tempi di pausa devono essere stabiliti dal contratto collettivo nazionale, da intese aziendali oppure da regolamenti interni formalmente approvati.
In assenza di indicazioni precise, le pause per fumare possono non essere retribuite oppure dover essere recuperate a fine giornata. È quindi importante conoscere le regole applicabili nel proprio contesto e verificare se siano previsti momenti specifici da dedicare alla pausa.
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Conclusioni
La sentenza della Corte di Cassazione (ordinanza n. 7826 del 24 marzo 2025) chiarisce che fumare in un’area in cui vige un divieto, anche se in passato tale comportamento non è stato sanzionato, può condurre legittimamente al licenziamento. Le consuetudini non possono prevalere sulle norme che tutelano la salute e la sicurezza.
Per prevenire fraintendimenti, è necessario mantenere un comportamento consapevole, rispettoso delle regole aziendali e coerente con le disposizioni in vigore. Allo stesso tempo, le imprese devono garantire trasparenza e uniformità nell’applicazione dei propri regolamenti, a beneficio di tutti i soggetti coinvolti.
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