La busta paga che viene fatta firmare dal datore di lavoro ai propri dipendenti per ricevuta, non ha alcun valore. Tale pratica non prova che il datore di lavoro abbia effettivamente pagato il lavoratore e assolto al suo obbligo. Spesso la busta paga viene fatta firmare ai dipendenti ancor prima di ricevere materialmente il relativo pagamento. E se il datore di lavoro effettivamente non procede al versamento delle somme? In detti casi, il lavoratore può stare tranquillo. La firma sulla busta paga per ricevuta messa in calce al documento non ha quindi nessuna valenza.
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 21699 del 6 settembre 2018, evidenziando come la sottoscrizione è prova solo dell’avvenuta consegna della busta paga e non del pagamento della cifra ivi contenuta. La sentenza dà quindi attuazione all’art. 1, co. 912 della L. 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di Bilancio 2018); tale norma (prevista nel provvedimento che prevede il divieto al pagamento in contanti delle retribuzioni) afferma infatti che la firma sulla busta paga non costituirà prova dell’avvenuto pagamento.
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Firma sulla busta paga per ricevuta: la vicenda
Il caso riguarda un dipendente che vantava differenze retributive e il mancato pagamento del trattamento di fine rapporto (TFR) per un importo complessivo di 26.831,41 euro. Il dipendente agisce per vie legali, ma la il giudice del lavoro di Brindisi con sentenza di primo grado rigetta la domanda del ricorrente, con la condanna dell’attore al pagamento delle relative spese.
Il dipendente impugna la sentenza e ricorre alla Corte d’Appello di Lecce, la quale condanna la parte datoriale al pagamento della somma di 12.713,00 euro.
Tale pronuncia è stata successivamente impugnata dalla società mediante ricorso per Cassazione.
Busta paga quietanza valore probatorio: la sentenza
I giudici della Corte Suprema respingono il ricorso della società. Per questi ultimi, la sottoscrizione è prova solo dell’avvenuta consegna della busta paga e non del pagamento della cifra ivi contenuta.
Sul tema, precedenti interventi della Cassazione ha stabilito come “soltanto la sottoscrizione apposta dal dipendente sui documenti fiscali relativi alla sua posizione di lavoratore subordinato (CUD e mod. 101) costituisce quietanza degli importi ivi indicati come corrisposti da parte del datore di lavoro, ed ha il significato di accettazione del contenuto delle dichiarazioni fiscali e di conferma dell’esattezza dei dati ivi riportati” (Cass. lav. n. 245 – 11/01/2006).
Quindi, la scusa del datore di lavoro di far valere la firma del dipendente sul cedolino come prova del fatto di aver versato l’importo indicato sullo stesso, non più essere fatto valere. Al riguardo, l’art. 1, co. 912 ha previsto anche un regime sanzionatorio; in tale articolo è espressamente specificato che il datore di lavoro o committente che viola l’obbligo di retribuire il dipendente in maniera telematica, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
L’importo della sanzione varierà in base alla gravità e la durata della violazione.
Firma per quietanza, per ricevuta o per accettazione: hanno valore probatorio?
In definitiva, inserire la dicitura “per accettazione” serve soltanto al datore di lavoro a indicare a che titolo il dipendente sta firmando un documento. Il dipendente, per assurdo, potrebbe anche rivendicare lo stipendio affermando di non averlo ricevuto. In questo modo, invece, si attesa che almeno il dipendente ne abbia preso visione.
Nel caso della dicitura “per ricevuta” invece, l’apposizione del nome e cognome del dipendente dimostra solo che questi ha avuto una copia della busta paga; non ha alcun valore invece in merito al ricevimento dello stipendio che il datore evidentemente dovrà dimostrare in altro modo.
Infine, la dicitura “per quietanza” sta a significare che è avvenuto il ricevimento di una prestazione e, quindi, anche del denaro. Ma questo ora non è più sufficiente. Inserire semplicemente la predetta dicitura per conservare la prova di aver adempiuto al proprio obbligo retributivo non è più valido.
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