La corte Europea di Giustizia, con sentenza nr. C-190/2012, dello scorso 11 aprile 2013, si pronuncia in tema di rapporto di lavoro a tempo determinato e contratto di somministrazione. Nella specie, la CGE afferma che i due contratti sono regolamentati da disposizioni diverse, sicché non è possibile applicare al secondo i principi fissati dalla Direttiva CE n. 70/1999, con particolare riferimento alla disciplina delle proroghe.
Andiamo con ordine. La causa i questione ha ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte di giustizia dal Tribunale di Napoli, sulla controversia nata tra un lavoratore e Poste Italiane, in merito al rapporto di lavoro posto in essere con quest’ultima.
In pratica, il lavoratore concludeva con una agenzia interinale, tre contratti di lavoro a termine successivi, in forza dei quali è stato messo a disposizione della Poste Italiane come portalettere. Tali contratti di lavoro sono stati conclusi sulla base di un contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato concluso tra la Obiettivo Lavoro e la Poste Italiane al fine di provvedere alla sostituzione del personale assente addetto al servizio recapito presso la regione Campania.
Ritenendo che i motivi del ricorso alla somministrazione di lavoro a termine fossero «generici e insussistenti» e che la proroga della stessa non fosse motivata, il sig. Della Rocca ha adito il Tribunale di Napoli al fine di far accertare che, essendo detta somministrazione irregolare alla luce degli articoli 20, 21 e 27 del decreto legislativo n. 276/03, il suo rapporto di lavoro con la Poste Italiane era un rapporto a tempo indeterminato.
Non della stessa opinione Poste Italiane, secondo la quale, la reiterazione dei contratti di lavoro conclusi tra la Obiettivo Lavoro e il sig. Della Rocca non era soggetta a limiti normativi, poiché l’articolo 22 del decreto legislativo n. 276/03 esclude l’applicazione dell’articolo 5, paragrafi 3 e 4, del decreto legislativo n. 368/01 a questo tipo di contratti.
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle clausole 2 e 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che compare in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato.
O meglio: se la direttiva 1999/70 e l’accordo quadro debbano essere interpretati nel senso che si applicano al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore interinale e un’agenzia di lavoro interinale e al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un tale lavoratore e un’impresa utilizzatrice.
La Corte di giustizia Europea, fa riferimento per la decisione della questione pregiudiziale alla clausola 2 punto 1 dell’accordo quadro alla direttiva 1999/70 e alla clausola 5, nonchè, alla direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa al lavoro tramite agenzia interinale.
Nel preambolo dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (…) le parti firmatarie hanno dichiarato che intendono valutare la necessità di un accordo analogo per il lavoro tramite agenzia interinale e hanno deciso di non inserire i lavoratori tramite agenzia interinale nella direttiva sul lavoro a tempo determinato.
Dopo aver analizzato tali norme, la Corte conclude affermando che La direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, e l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che compare in allegato a tale direttiva, devono essere interpretati nel senso che non si applicano né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore interinale e un’agenzia di lavoro interinale né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra tale lavoratore e un’impresa utilizzatrice.