La Corte europea di giustizia, con sentenza nr. C-282/10 ha affermato il diritto alle ferie retribuite del lavoratore che si trova in congedo di malattia debitamente giustificato in seguito ad una malattia o ad un infortunio sopravvenuto sul posto di lavoro o altrove. Tale diritto, non può essere subordinato all’espletamento di un periodo di lavoro minimo.
Il caso ha riguardato una cittadina Francese che, nel novembre 2005 è rimasta vittima di un incidente in itinere, sopravvenuto lungo il tragitto tra la sua abitazione e il luogo di lavoro. In seguito a tale incidente le è stato prescritto di astenersi dal lavoro dal 3 novembre 2005 al 7 gennaio 2007.
La lavoratrice si è rivolta alla giustizia francese per ottenere 22,5 giorni di ferie relativi a tale periodo, che il suo datore di lavoro, le aveva rifiutato e, in subordine, il pagamento di un’indennità compensativa. A suo giudizio, il periodo di sospensione del suo contratto di lavoro consecutivo all’incidente in itinere dovrebbe essere equiparato ad un tempo di lavoro effettivo ai fini del calcolo delle sue ferie retribuite.
La Cour de cassation (Francia) chiede chiarimenti alla Corte di giustizia circa la compatibilità con la direttiva della normativa francese che subordina, da un lato, il sorgere del diritto alle ferie annuali retribuite alla condizione che il lavoratore abbia lavorato almeno dieci giorni presso lo stesso datore di lavoro nel corso del periodo di riferimento.
La Corte, richiama la Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro che, introduce l’obbligo per gli Stati membri di adottare i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane in conformità delle legislazioni nazionali (articolo 7).
Per costante giurisprudenza comunitaria, ricorda la Corte, “il diritto alle ferie annuali retribuite va considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88 . Prevedendo un fondamento normativo del diritto alle ferie annuali retribuite a livello del diritto derivato, il legislatore dell’Unione intendeva garantire che un lavoratore, in ogni Stato membro, beneficiasse di un riposo effettivo, «per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute”.
La giurisprudenza citata va quindi intesa nel senso che la Corte riconosce, in linea di principio, la competenza degli Stati membri ad adottare le cosiddette modalità di esecuzione, mediante le quali essi possono disciplinare nel dettaglio determinati aspetti dell’esercizio del diritto alle ferie annuali, ad esempio, le modalità secondo cui i lavoratori possono godere le ferie cui hanno diritto durante le prime settimane di lavoro.
Tale competenza regolamentare degli Stati membri incontra, tuttavia, un limite laddove la disciplina adottata pregiudica l’effettività del diritto alle ferie annuali retribuite nella misura in cui non sia più garantito il conseguimento della finalità del diritto alle ferie. Ciò accade quando la disciplina nazionale non disciplina «come» il diritto vada esercitato, ma «se» possa essere esercitato.
Pertanto, l’assenza per malattia del lavoratore nel corso dell’anno di riferimento non osta alla costituzione del diritto alle ferie annuali retribuite, a condizione che il congedo per malattia fosse debitamente prescritto. Ciò significa che le assenze dal lavoro per motivi indipendenti dalla volontà della persona impiegata interessata, come ad esempio le assenze per malattia, saranno calcolate nel periodo di servizio.
La Corte conferma che la direttiva non pone alcuna distinzione tra i lavoratori assenti per congedo di malattia durante il periodo di riferimento e quelli che hanno effettivamente lavorato nel corso di tale periodo. Pertanto, per i lavoratori in congedo di malattia debitamente prescritto, il diritto alle ferie annuali retribuite riconosciuto dalla direttiva a tutti i lavoratori, non può essere subordinato da uno Stato membro all’obbligo di avere effettivamente lavorato durante il periodo di riferimento.
La Corte precisa che, nell’applicare il diritto interno, i giudici nazionali sono tenuti ad interpretarlo quanto più possibile alla luce dello spirito e della lettera della direttiva. Se ciò non è possibile, sarà compito di tale giudice esaminare se un lavoratore, possa avvalersi direttamente della direttiva.
A tale proposito, la Corte rileva anzitutto che le disposizioni della direttiva appaiono, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise da permettere ai singoli di invocarle dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato membro.
Considerato che i cittadini non possono avvalersi direttamente di una direttiva nei confronti dei privati, sarà compito del giudice nazionale verificare caso per caso se la direttiva possa essere direttamente applicata.
Se così non fosse,il soggetto, “potrebbe proporre un’azione di responsabilità contro lo Stato per ottenere eventualmente il risarcimento del danno subito in seguito alla violazione del diritto alle ferie annuali retribuite che essa trae dalla direttiva”.