La Corte Costituzionale, con sentenza nr. 116 del 7 aprile 2011, ha dichiarato illegittimo l’articolo 16, lettera c), del Dlgs n. 151 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità), “nella parte in cui non consente, nell’ipotesi di parto prematuro, qualora il neonato abbia necessità di un periodo di ricovero ospedaliero, la possibilità per la madre lavoratrice di usfruire, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempo dalla data di ingresso del bambino nella casa familiare”.
Il fatto
Il giudizio di legittimità è stato proposto dal Tribunale di Palermo, in riferimento agli articoli 3, 29, primo comma, 30, primo comma, 31 e 37 della Costituzione. La questione è sorte sulla base di un ricorso presentato da una lavoratrice verso l’Inps. La lavoratrice aveva avuto un parto prematuro perché la figlia, la cui nascita era prevista per il primo luglio 2005, era venuta alla luce il 25 marzo 2005, con immediato ricovero in terapia intensiva presso il Policlinico di Palermo, da cui era stata dimessa soltanto l’8 agosto 2005.
La stessa, aveva chiesto all’INPS di usufruire del periodo obbligatorio di astensione con decorrenza dalla data presunta del parto, oppure dall’ingresso della neonata nella casa familiare, offrendo al datore di lavoro la propria prestazione lavorativa fino ad una di tali date, ma l’INPS aveva respinto la richiesta.
Secondo la giurisprudenza della Corte, (sentenze n. 270 del 1999, n. 332 del 1988, n. 1 del 1987), “il congedo obbligatorio, disposto dall’art. 16 d.lgs. n. 151 del 2001, ha il fine di tutelare la salute della donna nel periodo immediatamente susseguente al parto, per consentirle di recuperare le energie necessarie a riprendere il lavoro”.
Cosa prevede l’art. 16 d.lgs.151/2001
L’art. 16, vieta di adibire al lavoro le donne:
- durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all’art. 20 (che contempla la flessibilità del detto congedo);
- ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
- durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all’art. 20.
- La lettera d), idispone che il divieto opera anche durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora esso avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto.La norma, tuttavia, considera e protegge anche il rapporto che in tale periodo si instaura tra madre e figlio, e ciò non soltanto per quanto attiene ai bisogni più propriamente biologici, ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale e affettivo collegate allo sviluppo della personalità del bambino”.
La decisione della Corte
Il principio secondo cui il congedo obbligatorio post partum decorre comunque dalla data di questo è rimasto quindi immutato, anche in relazione ai casi, nei quali il parto non è soltanto precoce rispetto alla data prevista, ma avviene con notevole anticipo (cosiddetto parto prematuro).
In questa ipotesi, continua la Corte, “la madre, una volta dimessa e pur in congedo obbligatorio, non può svolgere alcuna attività per assistere il figlio ricoverato. Nel frattempo, però, il periodo di astensione obbligatoria decorre, ed ella è obbligata a riprendere l’attività lavorativa quando il figlio deve essere assistito a casa.
Né per porre rimedio a tale situazione può considerarsi sufficiente aggiungere al periodo di congedo di maternità dopo il parto gli ulteriori giorni non goduti prima di esso, trattandosi comunque di un periodo breve (al massimo due mesi), che non garantisce la realizzazione di entrambe le finalità (sopra richiamate) dell’istituto dell’astensione obbligatoria dal lavoro.
In simili casi, com’è evidente, il fine di proteggere il rapporto, che dovrebbe instaurarsi tra madre e figlio nel periodo immediatamente successivo alla nascita, rimane di fatto eluso.
In questa situazione, l’ostacolo all’accoglimento di tale richiesta, costituito dal rigido collegamento della decorrenza del congedo dalla data del parto, si pone in contrasto sia con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento – privo di ragionevole giustificazione – tra il parto a termine e il parto prematuro, sia con i precetti costituzionali posti a tutela della famiglia (artt. 29, primo comma, 30, 31 e 37, primo comma, Cost.)”.
Pertanto, quanto alla decorrenza del congedo obbligatorio dopo il parto, in caso di parto prematuro con ricovero del neonato presso una struttura ospedaliera pubblica o privata, essa va individuata nella data d’ingresso del bambino nella casa familiare al termine della degenza ospedaliera.
Per tali motivi, la Corte “dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 16, lettera c), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non consente, nell’ipotesi di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura sanitaria pubblica o privata, che la madre lavoratrice possa fruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate da documentazione medica, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempo dalla data d’ingresso del bambino nella casa familiare.
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