La Consulta, con sentenza n. 214 dell’8 luglio 2009, si è pronunciata circa la legittimità costituzionale degli articoli 1, comma 1, art. 2, comma 1-bis, art. 4 bis e 11 del decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368.
Per quanto attiene gli articoli 1, comma 1, art. 2, comma 1-bis e 11, la Corte dichiara la piena legittimità costituzionale.
Per quanto,invece, rileva l’articolo 4-bis del decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368, la Consulta ritiene fondate le questioni di illegittimità costituzionale sollevate in riferimento all’articolo 3 della Carta Costituzionale, con la conseguenza che anche ai contratti a tempo determinato, stipulati dalle Poste Italiane, può applicarsi la conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato e il risarcimento del danno.
Cosa prevede il decreto legislativo 368 del 2001
Il D.Lgs 368/2001 succesivamente modificato dalla L. 133/2008 (“Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”), da attuazione alla direttiva CEE 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES.
Articolo 1
L’art 1, ribadisce (come tutti sappiamo) che il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato, che è consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato solo a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro e che, l’apposizione del termine e’ priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto.
Articolo 2
Il successivo art 2, dispone una deroga rispetto alla regola generale del tempo indeterminato dei contratti, stabilendo che ” le aziende di trasporto aereo o da aziende esercenti i servizi aeroportuali, con specifiche modalità di tempo e di prestazione di lavoro possono concludere contratti a tempo determinato”, non solo; tale possibilità è data ( a mente del comma 1-bis dello stesso art 2) “anche quando l’assunzione sia effettuata da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste (quindi alle Poste Italiane) per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15 per cento dell’organico aziendale, riferito al 1º gennaio dell’anno cui le assunzioni si riferiscono”.
Articolo 4-bis
L’art 4-bis, nel dettare le disposizioni transitorie circa l’indennizzo per la violazione delle norme in materia di apposizione e di proroga del termine, stabilisce che: “Con riferimento ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, ….. in caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2 , il datore di lavoro è tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto…” .
Perchè è stata sollevata questione di legittimità costituzionale?
Il giudizio di legittimità sollevato dinanzi alla Corte costituzionale censurava proprio la possibilità introdotta dal decreto legislativo 368/2001 art 2, comma 1-bis, per le aziende concessionarie del servizio postale (Poste Italiane), entro determinati limiti temporali (sei mesi nel periodo compreso tra aprile ed ottobre di ogni anno e quattro mesi per periodi diversamente distribuiti) e quantitativi (15 per cento dell’organico aziendale), di procedere ad assunzioni a tempo determinato senza l’obbligo di indicazione scritta della causale (come invece previsto in generale dall’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001).
Non solo; si dubitava anche della legittimità costituzionale dell’art 4-bis della stessa legge che, sostituendo retroattivamente la tutela risarcitoria una indennitaria, violerebbe l’art 3 della Costituzione (principio di ugualianza), perchè riserva una tutela di rango inferiore ad alcuni lavoratori per il solo fatto di avere un giudizio in corso al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione.
Inoltre, anche la disciplina sanzionatoria sarebbe più lieve rispetto a quella prevista per i contratti stipulati a tempo indeterminato, perché l’art. 5, comma 3, del medesimo d.lgs. n. 368 del 2001, richiamando esclusivamente l’ipotesi della successione dei contratti stipulati ex art. 1(contratti a tempo indeterminato) dello stesso decreto legislativo, non prevederebbe la conversione in contratto a tempo indeterminato in caso di successione di contratti regolati dall’art. 2
La decisione della Corte
La Corte, in riferimento agli articoli 1, comma 1, art. 2, comma 1-bis e 11, ha dichiarato la piena legittimità costituzionale.
Per quanto riguarda l’art 4-bis ha statuito che:
In effetti, situazioni di fatto identiche (contratti di lavoro a tempo determinato stipulati nello stesso periodo, per la stessa durata, per le medesime ragioni ed affetti dai medesimi vizi) risultano destinatarie di discipline sostanziali diverse (da un lato, secondo il diritto vivente, conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato e risarcimento del danno; dall’altro, erogazione di una modesta indennità economica), per la mera e del tutto casuale circostanza della pendenza di un giudizio alla data (anch’essa sganciata da qualsiasi ragione giustificatrice) del 22 agosto 2008 (giorno di entrata in vigore dell’art. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001, introdotto dall’art. 21, comma 1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112).
Siffatta discriminazione è priva di ragionevolezza, né è collegata alla necessità di accompagnare il passaggio da un certo regime normativo ad un altro. Infatti l’intervento del legislatore non ha toccato la disciplina relativa alle condizioni per l’apposizione del termine o per la proroga dei contratti a tempo determinato, ma ha semplicemente mutato le conseguenze della violazione delle previgenti regole limitatamente ad un gruppo di fattispecie selezionate in base alla circostanza, del tutto accidentale, della pendenza di una lite giudiziaria tra le parti del rapporto di lavoro.
Con questa sentenza deve quindi ritenersi abrogato l’art 4-bis del D.Lgv 368/2001; i lavoratori assunti da Poste Italiane a tempo determinato, non sono più lavoratori di serie B: Giustizia è stata fatta!