Il contratto di lavoro part-time è disciplinato dal d. lgs. n. 81 del 2015, attuativo del Jobs Act: in particolare all’art. 5 si dispone che il contratto di lavoro a tempo parziale richiede la forma scritta ai fini della prova e deve contenere la puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.
Per il legislatore dunque il dato sull’orario di lavoro non può essere assente o parzialmente presente, ma deve essere completo, preciso ed esaustivo. Non a caso, alcune settimane fa la Cassazione ha pubblicato un’ordinanza, la n. 11333, con la quale si stabilisce che scatta un risarcimento, se le ore di lavoro non sono state incluse e menzionate in modo chiaro nel contratto di lavoro. Ma che significa in sostanza per il dipendente? Cerchiamo di fare chiarezza vedendo più da vicino il provvedimento della Suprema Corte.
Lavoro part-time e mancato dettaglio dell’orario di lavoro: come sono andate le cose
In apertura abbiamo ricordato che il lavoro a tempo parziale è una forma di occupazione flessibile per sua natura e caratterizzata da una riduzione dell’orario, che può essere verticale, orizzontale o mista. Inoltre, come indicato dall’art. 6 del d. lgs. n. 81 del 2015, la modulazione dell’orario può essere modificata mediante l’apposizione nel contratto delle cosiddette clausole elastiche o flessibili.
Quello della distribuzione dell’orario di lavoro nel part time è un tema che in passato ha già dato luogo a controversie e che, oggi, grazie all’ordinanza n. 11333 della Cassazione, viene ulteriormente chiarito con un orientamento giurisprudenziale di riferimento.
L’ordinanza della Cassazione, che qui interessa, giunge al termine di un delicato iter giudiziario che ha visto protagonista un lavoratore assunto con contratto part time verticale. Egli ha chiesto un risarcimento danni al proprio datore di lavoro per non aver dettagliato, nel testo del contratto di lavoro, la stabile collocazione della prestazione lavorativa.
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Contratto di lavoro non dettagliato
In tribunale era emerso che il suo contratto non dettagliava l’orario di lavoro – ossia i turni – con riferimento ai giorni, alle settimane, ai mesi e all’anno, in violazione delle disposizioni normative vigenti.
Per questo il dipendente part time ha scelto di rivolgersi al giudice chiedendo di:
- accertare l’illegittima mancata indicazione della stabile collocazione della prestazione di lavoro nel contratto individuale di lavoro con orario part time verticale;
- il riconoscimento del consequenziale risarcimento del danno patito.
Come indicato nell’ordinanza Cassazione n. 11333, la Corte d’Appello chiamata a pronunciarsi sul caso, in riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto fondate le ragioni del lavoratore, fissando un risarcimento in via equitativa, corrispondente al 5% della retribuzione incassata dal lavoratore part-time. A questo provvedimento è conseguita l’impugnazione del datore di lavoro e il ricorso presso il giudice di legittimità.
L’azienda deve indicare i turni in modo puntuale e tempestivo
La Cassazione ha ribadito la correttezza della linea adottata dalla Corte d’Appello, in quanto la legge vigente non consente di indicare solo successivamente, e in via periodica, i turni di lavoro. Nel testo dell’ordinanza n. 11333, infatti, si rimarca che non vi è alcuna previsione di legge, di Ccnl o di contratto individuale che disponga un potere unilaterale dell’azienda di indicare i turni in via successiva o in via annuale, al proprio lavoratore subordinato part time.
In altre parole, la Corte – dopo attento vaglio dell’attuale normativa in materia di lavoro part-time – ha sottolineato come non sia possibile derogare alla necessità della tempestiva, precisa e chiara indicazione dei turni nel contratto di lavoro, neanche con rinvio a turni programmati di lavoro suddivisi su fasce orarie prestabilite.
Agire diversamente – secondo l’interpretazione offerta dalla Cassazione – contrasterebbe infatti con due significativi obiettivi del legislatore, in materia di lavoro part time, ovvero:
- consentire all’azienda di avvalersi di una prestazione di lavoro in forma ridotta, e sfruttarne i relativi vantaggi;
- permettere al dipendente di sapere con certezza, fin dall’inizio del rapporto di lavoro, l’entità della prestazione dovuta, anche al fine di organizzare l’orario rimanente in altre eventuali occupazioni o impegni personali, garantendosi così altri redditi.
Il richiamo alla sentenza della Consulta n. 210 del 1992
A fondamento della sua decisione, la Cassazione ha ricordato nell’ordinanza i principi indicati dalla Corte Costituzionale nella sentenza 210/1992. In base all’orientamento di questo giudice, infatti, una differente interpretazione dell’organizzazione del lavoro a turni per i dipendenti part-time andrebbe contro l’art. 36 della Costituzione.
Un’indicazione non tempestiva e non precisa degli orari impedirebbe al lavoratore in oggetto di ottenere e programmare altre occupazioni per incassare – con più rapporti a tempo parziale allo stesso tempo – una retribuzione complessiva tale da assicurare, per sé e la propria famiglia, un’esistenza libera e dignitosa.
Non solo. Un orientamento diverso da quello della Corte contrasterebbe con il dettato dell’art. 38 della Costituzione in quanto, in ipotesi di impossibilità di ottenimento di una nuova occupazione, danneggerebbe la posizione pensionistica del dipendente part time, che si troverebbe a versare meno contributi di quelli potenzialmente versabili.
Offrendo un’interpretazione ben calibrata sulla tutela dei diritti del lavoratore part time, con l’ordinanza n. 11333 la Cassazione è di fatto andata oltre a quanto previsto dall’art. 5, comma 3 del d.lgs. 81/2015, nella parte in cui si dispone che:
quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, l’indicazione […] può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite.
Assenza di una clausola flessibile
Nel caso concreto, affrontato dalla Corte, andava altresì esclusa la ricorrenza di una clausola flessibile, in quanto è emerso che nel contratto individuale non era stata a suo tempo concordata la previsione del potere di cambiare la collocazione oraria della prestazione di lavoro.
Anzi nel testo dell’ordinanza n. 11333 si rimarca che, per quanto attiene ai turni assegnati ai lavoratori a tempo parziale, le indicazioni di legge e di contratto sono da ritenersi rispettate esclusivamente qualora – in assenza di clausole flessibili elastiche – nel contratto di lavoro part time siano dettagliati i turni – e gli orari – in modo tempestivo, costante e preciso, al fine di informare il lavoratore su come sarà svolta nel tempo la propria prestazione.
In estrema sintesi, la sola eccezione alla suddetta lettura della Corte potrebbe essere costituita dall’inclusione, all’interno del contratto di lavoro part-time, di una cd. “clausola flessibile”, ossia la previsione nel contratto del potere di variare la collocazione oraria della prestazione.
Indicazione dell’orario da parte del giudice
Che succede qualora nel contratto di lavoro part-time non vi sia la specifica indicazione dei turni di lavoro? Ebbene, seguendo quanto previsto dall’art. 10, comma 2 del d.lgs. 81/2015, sarà compito del magistrato fissare – di volta in volta – le modalità temporali di effettuazione della prestazione di lavoro part time, considerando:
- le responsabilità familiari del dipendente;
- la sua volontà di integrare il reddito con lo svolgimento di altra o altre attività lavorative;
- le esigenze specifiche dell’azienda o datore di lavoro.
La Cassazione ha infatti accolto, con rinvio, il ricorso incidentale effettuato dallo stesso lavoratore part time, che domandava l’intervento del giudice per stabilire le summenzionate modalità temporali, in assenza di disposizione specifica datoriale. Ecco spiegato il richiamo all’art. 10 comma 2, di cui sopra, mutuando l’identica disciplina di cui al previgente art. 8, comma 2 del d. lgs. n. 61/2000 in tema di lavoro a tempo parziale e attuazione della direttiva 97/81/CE.
Conclusioni
L’ordinanza della Corte di cassazione n. 11333 rimarca che nei contratti part-time organizzati in turni (part time verticale) va dettagliato in modo chiaro e tempestivo – e per ciascun turno – la durata della prestazione e la collocazione temporale dell’orario di lavoro rispetto al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.
Non è sufficiente – integrando una violazione contrattuale – la mera comunicazione annuale o programmata, per la specifica indicazione dei turni previsti sulla scorta del programma aziendale. Ecco perché la Cassazione ha dato ragione al dipendente part time, accordandogli il diritto al risarcimento danni.