La condotta illecita del lavoratore fuori dall’orario e dall’ambiente di lavoro, può essere giusta causa di licenziamento se, tale condotta sia così grave da ledere il rapporto fiduciario posto alla base del contratto di lavoro.
E’ questo quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza nr. 8132 dello scorso 29 marzo 2017. Con questa sentenza la Suprema Corte torna a decidere sulla rilevanza che, in ambito lavorativo può avere una condotta illecita posta in essere dal lavoratore fuori dall’ambito lavorativo.
Gli Ermellini, confermando l’orientamento giurisprudenziale sul tema, hanno affermato che “anche una condotta illecita, estranea all’esercizio delle mansioni del lavoratore subordinato, può avere un rilievo disciplinare, poiché il lavoratore è assoggettato non solo all’obbligo di rendere la prestazione,ma anche all’obbligazione accessoria di tenere un comportamento extralavorativo che sia tale da non ledere ne’ gli interessi morali e patrimoniali del datore di lavoro ne’ la fiducia che lega le parti del rapporto di durata”.
Il fatto
Il caso ha riguardato un lavoratore che è stato licenziato per giusta causa dopo esser stato condannato in sede penale (con patteggiamento) per la detenzione di sostanze stupefacenti, nella specie, circa cinquecento grammi di hashish.
Il lavoratore ricorreva al tribunale civile chiedendo l’accertamento della illegittimità del licenziamento. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello, rigettavano la richiesta del lavoratore dichiarando invece legittima la misura espulsiva. Il lavoratore ricorreva dunque in Cassazione
Cassazione: condotta illecita fuori dal lavoro e licenziamento
Per gli Ermellini, “la detenzione, in ambito extralavorativo, di un significativo quantitativo di sostanze stupefacenti ….è idonea ad integrare la giusta causa di licenziamento”; e questo perchè sul lavoratore grava non solo l’obbligo di fornire la prestazione richiesta ma anche l’obbligo “di non porre in essere, fuori dall’ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o da comprometterne il rapporto fiduciario”.
La condotta illecita tenuta dal lavoratore fuori dal lavoro, può dunque giustificare il licenziamento se assume i caratteri della gravità “che debbono essere apprezzati, tra l’altro, in relazione alla natura dell’attività svolta dall’impresa datrice di lavoro ed all’ attività in cui s’ inserisce la prestazione resa dal lavoratore subordinato”.
L’ obbligo di fedeltà e quello della diligenza nella prestazione lavorativa, non devono essere intesi in senso restrittivo ma, al contrario, assumono rilevanza anche in “relazione a comportamenti che, per la loro natura e per le loro conseguenze, appaiano in contrasto con i doveri connessi all’inserimento del lavoratore nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa o creino situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi della stessa”.
Spetta poi ai giudici di merito valutare se la gravità del comportamento extralavorativo sia tale o per contrarietà alle norme etiche o del comune vivere a far venire meno il rapporto fiduciario tra datore e lavoratore.
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