I pensionati della Pubblica Amministrazione, non possono più collaborare con la PA tramite incarichi conferiti in virtù delle comprovate competenze e dell’esperienza acquisita in decenni di attività. Lo ribadisce la Corte dei Conti, con una recente delibera, giunta a seguito del quesito posto dal sindaco del Comune di Cassino in merito all’interpretazione di disposizioni normative.
Nel citato documento la Corte dei Conti del Lazio ha ribadito la tassatività del divieto di conferimento di incarichi retribuiti di studio e consulenza al personale in pensione delle PA, tenuto conto di quanto fissato da un testo normativo del 2012 per la revisione della spesa pubblica. Ma ha offerto altresì alcune altre utili precisazioni. Ecco i dettagli.
Consulenze dei pensionati alla PA: il caso concreto
Il primo cittadino di Cassino ha posto un quesito in merito alla possibilità di assegnare un incarico temporaneo, straordinario e a titolo oneroso al responsabile finanziario del servizio tributi dell’ente, già pensionato e dunque in quiescenza.
Il sindaco precisava che l’attività oggetto della prestazione, non sarebbe consistita né in un’attività di studio e/o di consulenza, né nello svolgimento di funzioni direttive e dirigenziali, ma esclusivamente nella condivisione dell’esperienza maturata dal funzionario dopo anni e anni di carriera al servizio della PA.
Ebbene, la richiesta, nella sua connotazione di generalità e astrattezza, è stata considerata ammissibile dalla Corte, attenendo all’interpretazione di una disposizione di finanza pubblica che presiede alla tutela degli equilibri finanziari degli enti locali. Conseguentemente questo giudice ha proceduto ad affrontare il merito della questione.
Divieto di incarichi di consulenza, studio, dirigenza e direzione ai pensionati della PA
La delibera della Corte dei Conti della regione Lazio fa chiarezza una volta per tutte sui possibili ruoli dei pensionati della PA, affermando il divieto agli incarichi di consulenza – a titolo oneroso – affidati ad ex lavoratori del pubblico impiego in quiescenza.
Chi, pur essendo titolare di trattamento previdenziale, voglia continuare a lavorare nella pubblica amministrazione, potrà farlo svolgendo attività di formazione, senza poter occupare posizioni di:
- dirigenza;
- direzione;
- studio;
- consulenza.
Dopo altri interventi nel passato, la Corte dei Conti ha così sottolineato nuovamente che il divieto di assegnazione a titolo oneroso di incarichi di studio e consulenza, ma anche dirigenziali o direttivi al personale in quiescenza delle PA è da intendersi tassativo e trova fondamento normativo all’art. 5, comma 9 del dl n. 95/2012 (‘Riduzione della spese delle pubbliche amministrazioni’). Conseguentemente, tutte le altre attività non menzionate sono permesse, secondo un’interpretazione ‘a contrario’ rispetto a quanto dispone la legge.
Il fondamento normativo del divieto nel DL n. 95 del 2012
Nel nel DL n. 95 del 2012 si trova scritto che:
È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2011, nonché alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, […] nonché alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni.
Le amministrazioni in oggetto sono quelle di cui al Testo unico del pubblico impiego e quelle rientranti nel conto economico consolidato della PA dell’Istat. Non solo. La Corte si allinea altresì al dettato di due circolari attuative del decreto del 2012, emesse dal Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione il 4 dicembre 2014 il 10 novembre 2015.
Con esse si era ulteriormente rimarcato che il divieto in oggetto va riferito esclusivamente agli incarichi espressamente menzionati dal legislatore, ossia a quelli di studio, di consulenza, di dirigenza o di direzione.
Turnover nella PA e utilità formativa delle risorse anziane
In sostanza, la richiesta di parere arrivata dal sindaco della località laziale ha portato la Corte a ribadire quanto già messo nero su bianco da anteriori leggi e circolari. D’altronde la necessità di fare chiarezza si era palesata più volte in passato, considerando che – dati alla mano – oggi nella Pubblica amministrazione lavorano circa centomila pensionati, con la maggior parte – quasi 80 mila in base ai più recenti dati Istat – nel comparto istruzione e sanità.
Tale delibera può essere letta come una sorta di compromesso tra l’esigenza di favorire la staffetta generazionale, contando su forze fresche, debitamente formate e abili con gli strumenti informatici, e la volontà di non fare a meno di un bagaglio di conoscenze assai utili per il mondo della PA, come quello ascrivibile ai dipendenti pubblici più anziani ed esperti. Non a caso nel testo della delibera si trova scritto che la richiesta di parere, giungeva in considerazione del:
limitato numero di risorse professionali residuali al pensionamento di altre due unità.
La questione era peraltro stata oggetto di più pronunce della Corte dei conti (Sez. reg. contr. Basilicata n. 38/2018; Sez. reg. contr. Lombardia n. 126/2022; Sez. reg. contr. Liguria n. 60/2022 e n. 66/2023; anche recenti di questa Sezione, nn. 88 e 133 del 2023) tutte concordi nell’individuare la ratio del divieto succitato nel risparmio di spesa e nel ricambio generazionale.
Le attività consentite
La Corte dei Conti, nella delibera n. 80 del 2024, usa parole molto chiare per definire le funzioni che, invece, possono essere svolte. Tutte le altre attività non espressamente menzionate sono consentite, ricavandole ‘a contrario’ rispetto al dettato normativo. In termini prettamente giuridici, vale quindi il criterio di stretta interpretazione ed è esclusa l’interpretazione estensiva o analogica.
Con l’ulteriore precisazione secondo cui l’elenco delle attività vietate ai pensionati non deve essere allargato ulteriormente, perché questo porterebbe ad una indebita compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza e, dunque, al mancato rispetto del principio costituzionale di uguaglianza oltre che di quanto stabilito dalla giurisprudenza della Consulta.
Ecco perché, nelle pronunzie più recenti, la Corte dei Conti ha ritenuto che il divieto di conferimento incarichi non possa estendersi:
ad “attività di mera condivisione” quali la “formazione operativa e il primo affiancamento del personale neo assunto” (Sezione reg. contr. Liguria n. 66/2023) o ad “attività di mera assistenza” quali “attività caratterizzata, in negativo, dalla mancanza di competenze specialistiche che non rientri nelle ipotesi di contratto d’opera intellettuale del 2229 cc. (Sezione reg. contr. Lazio n. 88/2023)
Conclusione
Concludendo, non va dimenticata però un’eccezione alla regola generale, legata agli obiettivi di cui al Pnrr. Infatti, con uno dei decreti attuativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è stata data la facoltà alle PA titolari di progetti Pnrr, inclusi Regioni ed enti locali, di assegnare incarichi retribuiti di consulenza alle persone ormai in quiescenza.
Ma attenzione perché l’incarico di responsabile unico del procedimento (Rup) può essere loro conferito esclusivamente per particolari esigenze a cui non è possibile far fronte con il personale in servizio, e comunque solo per il tempo strettamente utile allo svolgimento delle procedure di reclutamento del personale dipendente.