I collaboratori coordinati e continuativa (co.co.co.), che rientrano nell’alveo dei lavoratori parasubordinati, non godono delle tutele normative previste come per la generalità dei lavoratori dipendenti. In altri termini, le regole previste in favore del lavoro subordinato non si applicano ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nonostante sussista il requisito della cd. etero-organizzazione, se il trattamento economico e normativo di questi rapporti è già disciplinato da specifici accordi collettivi.
Ad affermarlo sono i giudici del Tribunale di Roma con la sentenza n. 23581 del 6 maggio 2019, tornando su un argomento molto ostico che più volte la giurisprudenza ha cercato di fare chiarezza.
Co.co.co. e co.co.org, le differenze
Attualmente, nell’ordinamento giuridico si profilano di tipologie di lavori subordinati, a primo aspetto simili, ma con alcune sottili differenze. Stiamo parlando in particolare:
- della classica collaborazione coordinata e continuativa (diminutivo di co.co.co.) disciplinata dal codice di procedura civile;
- della collaborazione etero-organizzata (co.co.org.), che conserva tutele totalmente differenti rispetto alla prima forma.
La co.co.co., introdotta fin dal 1997 con il pacchetto Treu, si caratterizza dall’ampia autonomia nell’esecuzione della prestazione, a differenza della cd. etero-organizzazione (co.co.org.), disciplinata dall’art. 2, co. 1 del D.Lgs. n. 81/2015. Infatti, quest’ultima tipologia di collaborazione dà più margini d’intervento al committente nel determinare le modalità di esecuzione della prestazione del collaboratore, tramite la possibilità di stabilire i tempi e i luoghi di lavoro.
Quindi, laddove si verifichino i suddetti aspetti, la collaborazione resta comunque autonoma. Tuttavia, si applicano tutte le tutele tipiche del lavoro subordinato, come ad esempio le ferie, l’orario di lavoro, la retribuzione, ecc.
Co.co.co. esclusi dalle tutele del lavoratore subordinato, la vicenda
Nel caso di specie, una era intenta a dimostrare che i rapporti di collaborazione coordinata intercorsi tra la società la stessa e i lavoratori erano legittimi, e quindi in nessun modo riconducibili al rapporto di lavoro subordinato.
In particolare, la società ha affermato che i collaboratori erano impiegati in attività di customer care tramite canali di front office e back office, assistenza commerciale e tecnica e gestione reclami. In tal contesto, sottolineava la società, i collaboratori non avevano vincoli di orario, rimanendo liberi di scegliere se e quando rendere la prestazione. Tant’è che il collaboratore comunicava alla ricorrente la sua disponibilità di giorno e di orario, prenotando la postazione. Inoltre, in caso di eventuale mancanza di disponibilità a rendere la propria prestazione professionale, il collaboratore non era tenuto a giustificare la sua assenza e non era soggetto ad alcun tipo di sanzione disciplinare.
I collaboratori, però, avevano impugnato i rapporti di collaborazione, asserendo che gli stessi sarebbero stati illegittimi in quanto “sganciati da qualsivoglia progetto (del tutto inesistente), illegittimi nella forma e misura del compenso, posti in tessere per attività di back office/assistenza e in quanto l’attività sarebbe stata svolta secondo le caratteristiche della subordinazione”.
Il collaboratore con co.co.co. non è subordinato, la sentenza
Il Tribunale di Roma ha accolto il ricorso del datore di lavoro. Infatti, il giudice escludeva la natura subordinata del rapporto di collaborazione coordinata poiché i collaboratori potevano decidere autonomamente se svolgere o meno la prestazione.
Come anticipato in precedenza, l’attività lavorativa poteva essere svolta solo a seguito di prenotazione, in una determinata fascia oraria, della postazione da parte del collaboratore, senza alcun obbligo da parte della società.
Di conseguenza, a tale rapporto di lavoro – che presentava tutti gli elementi della collaborazione coordinata – non andava applicata la tutela prevista per il lavoro subordinato. Ciò in quanto l’azienda applicava ai collaboratori un accordo collettivo che definiva specificamente il trattamento economico e normativo dei collaboratori.
Quindi, esistono specifici criteri che evitano di applicare tutte le tutele che caratterizzano il lavoro subordinato, anche in presenza di una collaborazione etero-organizzata. È il caso, ad esempio, della presenza di un accordo collettivo, ai sensi dell’art. 2, co. 2 del D.Lgs. n. 81/2015, siglato da soggetti comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale.