In una recente sentenza, la nr. 13060/2014, la Cassazione ha affermato la reintegra del lavoratore ingiustamente licenziato deve avvenire nel luogo e nelle mansioni originarie esistenti prima del licenziamento, atteso che, il rapporto contrattuale si intende come mai cessato e quindi, la continuità dello stesso implica che la prestazione deve persistere nella medesima sede.
Nel caso di specie, una società, nel dare esecuzione ad una pronuncia del giudice del lavoro che aveva ritenuto la nullità del termine apposto ad un contratto di lavoro, aveva invitato il lavoratore a riprendere servizio in una sede diversa da quella assegnata in origine. Il lavoratore aveva rifiutato tale trasferimento di sede e, non presentandosi al lavoro era stato licenziato per ingiustificata assenza sul posto di lavoro.
Sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello, ritenevano tale recesse ingiustificato dato che, “l’assegnazione ad una sede diversa, configurava un inadempimento contrattuale, concretandosi in un illegittimo trasferimento o, comunque, nell’inosservanza dell’ordine giudiziale di riammissione nel posto originario, sicchè il rifiuto del lavoratore doveva ritenersi giustificato e, di contro, il licenziamento illegittimo”. Avverso tale sentenza la società datrice di lavoro, ricorreva in Cassazione.
Gli Ermellini, riproponendo giurisprudenza consolidata sul tema, tornano a ribadire che: “ l’ottemperanza del datore di lavoro all’ordine di reintegra del lavoratore a seguito di accertamento della nullità del termine apposto ad un contratto, implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente, il cui reinserimento nell’attività lavorativa, deve quindi avvenire nel luogo e nelle mansioni originarie esistenti prima del licenziamento, atteso che, il rapporto contrattuale si intende come mai cessato e quindi, la continuità dello stesso implica che la prestazione deve persistere nella medesima sede”.
Il datore di lavoro può sempre disporre il trasferimento del lavoratore presso altra sede aziendale ma, tale trasferimento deve comunque essere basato sulle famose “ragioni di ordine tecnico, organizzativo e produttivo” previste dall’art. 2103 cc.
In difetto di questo presupposto, continuano i Giudici, “ la mancata ottemperanza a tale provvedimento da parte del lavoratore trova giustificazione sia quale attuazione di un’eccezione di inadempimento ex art.1460 cc, sia sulla base del rilievo che gli atti nulli non producono effetti”.
Il lavoratore ha quindi giustamente posto un rifiuto ad un trasferimento nullo implicante una inadempienza contrattuale; pertanto nessun addebito può essere mosso a quest’ultimo, ritenendosi il recesso del datore del tutto ingiustificato.