La Cassazione, con sentenza n. 475 del 13 gennaio scorso ha affermato che non può qualificarsi come infortunio in itinere (e quindi non è indennizzabile), l’incidente accorso ad un lavoratore lungo un tragitto diverso da quello che ordinariamente il lavoratore percorreva per recarsi dalla propria abitazione al posto di lavoro.
Il caso è giunto in Cassazione a seguito del ricorso presentato dal lavoratore avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli, con la quale, confermando la sentenza di primo grado, si rigettava la domanda diretta alla costituzione di una rendita in relazione all’incidente occorsogli il 23/08/1999 mentre l’appellante ritornava dalle ferie annuali, incidente qualificato dallo stesso come “infortunio in itinere”.
Per la Corte d’Appello, in relazione all’epoca dell’incidente doveva applicarsi la disciplina di cui al DPR n. 1124/1965 che, non offre una definizione di incidente in itinere e quindi occorreva rifarsi alla nozione elaborata dalla giurisprudenza di legittimità. In sostanza si doveva verificare se il sinistro si era verificato lungo il percorso normalmente seguito dall’infortunato per recarsi al lavoro o tornare nella propria abitazione.
Proprio applicando tali criteri, la Corte aveva escluso la qualifica di “incidente in itinere” all’evento accorso al lavoratore poichè, l’incidente, non si era verificato “lungo il tragitto che ordinariamente il ricorrente percorreva per recarsi dalla propria abitazione al posto di lavoro”, bensì, dalla casa della madre (dove il ricorrente aveva conservato la sola residenza anagrafica), verso il posto in cui il lavoratore aveva invece fissato il proprio domicilio.
Secondo gli Ermellini, il ragionamento fatto dal Tribunale di secondo grado è del tutto valido. “La circostanza per cui la residenza anagrafica era rimasta a San Giorgio a Cremano (casa della madre) appare irrilevante, visto che non era questa la normale abitazione e che, quindi, il percorso ordinariamente seguito per andare a lavorare era diverso da quello seguito il giorno dell’incidente”.
Non rileva, continua la Corte, neanche la circostanza che l’evento fosse avvenuto al ritorno delle ferie perché non era stata offerta la prova dell’impossibilità di utilizzare un mezzo pubblico e neppure la necessità di scegliere le ore notturne per compiere il tragitto.
Le scelte compiute dal lavoratore, ossia l’utilizzo del mezzo privato e, il viaggiare durante la notte (fascia oraria non giustificata e non razionale per lo spostamento in questione), avevano comportato un rischio elettivo assunto senza alcuna razionalità e necessità dallo stesso lavoratore, che escludeva la copertura antinfortunistica.
Alla luce della giurisprudenza di legittimità, ribadisce la sentenza, “l’incidente non rientra tra quelli definibili come in itinere perché non occorso nel normale spostamento tra abitazione e luogo di lavoro e perché accaduto in orari non collegabili necessariamente con l’orario di lavoro (l’incidente è delle 0,20 mentre il ricorrente doveva riprendere il lavoro alle ore 8 del giorno successivo), secondo circostanze in cui è evidente l’imprudenza del lavoratore con l’assunzione incontestabile di un rischio elettivo da parte di quest’ultimo“.
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