La Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza nr. 11868 del 9 giugno 2016, ha affermato che ai licenziamenti nel pubblico impiego, si applica la normativa prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori ( L. 300/70) e non dalla Legge Fornero.
Con questa pronuncia, la Suprema Corte torna a trattare l’annoso problema della disciplina giuridica da applicare ai licenziamenti degli statali anche e soprattutto in seguito alle riforme della Fornero prima e del jobs act di Renzi poi.
Il caso è giunto in Cassazione a seguito del ricorso presentato dal ministero dei Trasporti contro la sentenza d’appello riguardante un funzionario licenziato perchè svolgeva il doppio lavoro al quale, la Corte d’appello di Roma aveva riconosciuto 6 mesi di indennità risarcitoria, come previsto la legge Fornero nel caso di licenziamenti ‘legittimi’ ma effettuati in violazione delle procedure di contestazione disciplinare.
Una sentenza questa, di effetto contrario a quella di fine 2015 dove la Cassazione affermava l’esatto contrario, ossia che, anche ai licenziamenti dei pubblici dipendenti doveva essere applicata la riforma Fornero. Una divergenza di interpretazione che dovrà portare necessariamente ad un’intervento delle Sezioni Unite o, all’emanazione da parte del legislatore di una norma di interpretazione autentica.
Gli Ermellini affermano chiaramente che: “Ai rapporti di lavoro del pubblico impiego disciplinati dal d. lgs n.165/2001, non si applicano le modifiche apportate dalla legge Fornero – L. 92/2012 – all’articolo 18 della dello Statuto dei lavoratori, per cui la tutela del dipendente pubblico in caso di licenziamento illegittimo intimato in data successiva all’entrata in vigore della richiamata legge n. 92 del 2012 resta quella prevista dall’articolo 18 della legge n. 300 del 1970 nel testo antecedente alla riforma“. Questo, prosegue la Corte, fino ad un intervento di armonizzazione.
La Suprema Corte quindi, con la sentenza n. 11868/2016 conferma quanto sempre sostenuto dal Ministro Madia ossia che l’articolo 18 per il pubblico impiego non è cambiato con le riforme di questi anni.
In pratica, per i pubblici dipendenti, in caso di licenziamento valgono ancora le vecchie regole previste dallo Statuto dei lavoratori prima della riforma Fornero, successivamente modificata dal Job Act del Governo Renzi e così, in caso di licenziamento senza giusta causa, è ammessa, per il pubblico impiegato, la reintegra nel posto di lavoro anzichè la sola tutela risarcitoria prevista per il lavoratore privato.
Si viene a creare un “doppio disciplina” parallela tra licenziamento del lavoratore privato, assoggettato alle modifiche introdotte dalla legge Fornero e dal Jobs Act e, il licenziamento del pubblico dipendente che continua ad essere disciplinato dall’originario art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Una diverso trattamento dovuto proprio alla particolare natura del datore di lavoro pubblico. Il principio è quello previsto dall’Art. 97 Cost di “buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministra” che implica, come affermano i giudici che, “un’eventuale modulazione delle tutele nel pubblico impiego richiede da parte del legislatore una ponderazione di interessi diversa da quella compiuta per l’impiego privato” poiché, come stabilito dalla Consulta, nel settore pubblico ci sono “garanzie e limiti che sono posti non solo e non tanto nell’interesse del soggetto da rimuovere, ma anche e soprattutto a protezione di più generali interessi collettivi“.
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