La Cassazione, con sentenza nr. 5479 dello scorso 4 aprile ha affermato che, ai fini della corresponsione della pensione di invalidità, nel computo del reddito imponibile, deve essere esclusa la casa di abitazione.
Con questa decisione, la Suprema Corte, respinge il ricorso presentato dall’INPS avverso la sentenza di secondo grado che, riconosceva il diritto di un cittadino invalido al 100%, a percepire la pensione d’inabilità civile con decorrenza dal 10.08.2006 e, per l’effetto, condannava l’lNPS all’erogazione delle relative prestazioni.
Già i primi due gradi di giudizio, ribadivano l’esistenza dei requisiti per il riconoscimento della pensione di inabilità civile, ed in particolare ritenevano, contrariamente all’assunto dell’INPS, che ai fini del riconoscimento della suddetta pensione, il reddito della casa di abitazione andasse escluso dal reddito imponibile.
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Gli Ermellini precisano che “le norme specifiche di riferimento sono costituite dall’art. 12 (pensioni di inabilità) della legge n. 118 del 1971 e dall’art. 26 della legge n. 153 del 1969 (pensioni ai cittadini ultrasessantacinquenni sprovvisti di reddito): la prima rinvia per le condizioni economiche richieste per la concessione della pensione di inabilità, a quelle stabilite dalla seconda norma per il riconoscimento di pensioni ai cittadini ultrasessantacinquenni sprovvisti di reddito, e per queste ultime pensioni dal computo del reddito sono esclusi gli assegni familiari e il reddito della casa di abitazione”.
In pratica, proprio per l’applicabilità della normativa della pensione sociale in tema di pensione di inabilità, la pensione di invalidità deve essere riconosciuta e dunque corrisposta, escludendo dal computo del reddito, il reddito derivante della casa di abitazione.