La Cassazione, con sentenza nr. 22353 del 2 novembre ha dichiarato illegittimo il licenziamento del lavoratore che ha usato impropriamente il computer dato in dotazione dal’azienda, nonche la casella di posta elettronica e le reti aziendali se, tale uso non comporta una diminuzione del lavoro con grave danno per l’attività produttiva.
Il caso è giunto in Cassazione a seguito del ricorso fatto da un lavoratore, avverso il licenziamento disciplinare intimatogli dall’azienda a motivo ” dell’uso improprio di strumenti di lavoro aziendali e nella specie del personal computer in dotazione, delle reti informatiche aziendali e della casella di posta elettronica”.
Gli Ermellini confermano quanto già stabilito dal Tribunale di primo e secondo grado, asserendo che, gli addebiti mossi al lavoratore, “rientravano nella previsione dell’art. 53 del contratto collettivo, che prevede solo la sanzione conservativa”. Nè, d’altra parte, la condotta realizzata, costituisce un’ipotesi diversa e più grave rispetto a quella prevista dalla disposizione contrattuale, in quanto, si legge nella sentenza, “non era emerso che l’utilizzo personale della posta elettronica e della navigazione in internet avessero determinato una significativa sottrazione di tempo all’attività di lavoro, né che la condotta avesse realizzato il blocco del lavoro, con grave danno per l’attività produttiva”.
La Suprema Corte, rigetta la tesi dell’azienda datrice di lavoro, secondo la quale, la condotta del lavoratore avrebbe integrato anche la violazione del “dovere di obbedienza” imposto dall’art. 2104 cc. Infatti, continuano gli Ermellini, come da giurisprudenza consolidata, “le allegazioni della società ricorrente non valevano a dimostrare che, l’addebito mosso al dipendente riguardasse infrazioni disciplinari diverse e più gravi rispetto alla fattispecie, contemplata dal contratto collettivo (richiamato nella lettera dì contestazione), di uso improprio di strumenti aziendali.
Il riferimento a precedenti informazioni e preavvisi (cioè a disposizioni del datore di lavoro in ordine all’uso del computer aziendale) non prospettava invero una violazione di distinti obblighi contrattuali, rilevando solo ai fini della valutazione della gravità dell’inadempimento. Inoltre, il fatto che la condotta fosse stata reiterata non esorbitava dalla previsione dell” “utilizzo improprio”, locuzione che può intendersi anche come riferita ad un impiego protratto nel tempo”.
Per tali motivi, la Corte dichiara il licenziamento illegittimo e rigetta il ricorso dell’azienda.
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