La Cassazione, con sentenza nr. 4911 dello scorso 3 marzo ha dichiarato legittime alcune differenze retributive fra contratti a tempo indeterminato e contratti a termine. In particolare è legittimo il comportamento del datore di lavoro che, in occasione del pagamento di gratifiche a titolo di premi di produttività, escluda i lavoratori con contratti a termine se, l’erogazione di tali emolumenti mira a premiare e fidelizzare i dipendenti con prospettive di collaborazione duratura nel tempo.
Il caso è giunto in Cassazione a seguito del ricorso dell’INPS avverso la sentenza di appello che, confermando la sentenza di primo grado, aveva accolto l’opposizione formulata dalla Banca Popolare di R. s.p.a nei confronti di due cartelle esattoriali notificatele dalla S. R. s.p.a il 3/1/01 ed il 3/4/01 per il pagamento dei rispettivi importi di lire 3.034.333.033 e di lire 13.638.600, somme, queste, corrispondenti ai contributi maturati e non versati in relazione agli emolumenti per gratifica speciale, gratifica particolare e premio di produttività che avrebbero dovuto essere corrisposti, nel periodo 1992 – 1996, ai lavoratori allora assunti con contratti a termine e di formazione e lavoro.
In pratica per l’INPS, gli emolumenti della gratifica speciale e particolare, sarebbero spettati di diritto anche ai lavoratori precari assunti con contratto a termine o di formazione e lavoro, sulla base di una supposta equiparazione della situazione dei lavoratori precari a quella dei lavoratori a tempo indeterminato ai fini dell’accertamento della spettanza dei suddetti emolumenti nell’ottica della loro rilevanza contributiva.
Secondo la Corte d’Appello infatti, non sussite per l’istituto di credito datore di lavoro un obbligo contributivo previdenziale sulle gratifiche, annua e speciale, erogate ai lavoratori assunto nel periodo 1.1.92 – 30.11.96 con contratto a tempo determinato e di formazione e lavoro.
In particolare, per la Corte d’Appello “dalla documentazione negoziale concernente le predette gratifiche e dalla comprovata prassi aziendale, che aveva registrato per diversi decenni il consenso sindacale, non si evinceva che i suddetti emolumenti spettavano a tutto il personale dipendente operante all’interno dell’istituto di credito, stante la finalità premiale assicurata con tali incentivi all’attività svolta dai lavoratori con prospettive di collaborazione duratura nel tempo e considerata, altresì, la loro commisurazione alla gratifica natalizia percepita dai dipendenti nel corso dell’anno precedente, condizioni, queste, che non si conciliavano con la natura precaria dei rapporti oggetto di causa. Inoltre, in ordine al premio di produttività il contratto aziendale presupponeva per la sua erogazione una continuità di impegno non compatibile con la durata dei contratti a termine”.
Gli Ermellini condividono il ragionamento della Corte d’Appello sulla scorta dei dati istruttori raccolti che, hanno consentito di appurare che in base ad una pluridecennale prassi aziendale gli stessi erano corrisposti ai dipendenti assunti a tempo indeterminato e nemmeno a tutti in maniera indifferenziata, dal momento che la gratifica particolare era riservata solo ai lavoratori assunti nel primo semestre dell’anno precedente a quello di corresponsione.
Ne conseguiva che rimanevano fuori dal godimento di tali gratifiche coloro che venivano assunti a termine per periodi inferiori ad un anno e coloro che venivano dimessi dopo il superamento del periodo di prova nel contratto di formazione e lavoro.
Infatti, nel corso del giudizio era emerso che, sulla base di accordi aziendali l’azienda erogava al personale una gratifica annua speciale, entro il mese di aprile, ed una gratifica annua particolare, entro il mese di agosto, pari, rispettivamente, al 95% e al 40% della gratifica natalizia lorda dell’anno precedente. Inoltre, la gratifica particolare era corrisposta solo nei casi di assunzione nel primo semestre dell’anno di riferimento.
Per la Corte “gli emolumenti in esame erano destinati per loro essenza e funzione a compensare un’attività lavorativa connotata dai requisiti della continuità e della pienezza di partecipazione all’attività aziendale, caratteristiche, queste, non presenti nelle diverse tipologie negoziali del contratto a termine e di formazione e lavoro”.
La Cassazione, ribadisce la natura vincolante della prassi aziendale (v. in tal senso Cass. Sez. Un. n. 26107 del 13/12/2007) che, oltretutto, inizialmente sorta da un’iniziativa della datrice di lavoro che intendeva perseguire finalità premiali, aveva trovato seguito e riscontro nella contrattazione aziendale del 1992, le cui clausole avvaloravano il carattere selettivo delle predette gratifiche, essendo risultato, in base all’istruttoria svolta, che le stesse competevano solo ai lavoratori a tempo indeterminato, con l’ulteriore specificazione che la gratifica particolare spettava solo agli assunti nel primo semestre dell’anno di riferimento”.
I Giudici di legittimità, in relazione alla tipologia del contratto di formazione e lavoro, ribadiscono quanto già affermato in precedenti sentenza (Cass. Sez. lav. n. 887 del 29/1/1998), ossia che “la norma contrattuale collettiva escludente la corresponsione del premio di produzione a favore dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro non contrasta né con l’art. 37, terzo comma, Cost., di tutela dei minori sotto il profilo della parità retributiva a parità di lavoro, né con i principi di parità di trattamento retributivo, ai sensi degli artt. 3 e 36 Cost., poiché il contratto di formazione e lavoro, che può riguardare soggetti di età compresa tra i quindici e i ventinove anni e quindi anche lavoratori maggiorenni, ha una causa giuridica mista (scambio tra lavoro retribuito e addestramento del lavoratore rivolto all’acquisizione della professionalità necessaria per l’immissione nel mondo del lavoro), che comporta un’attività produttiva ridotta e giustifica quindi l’esclusione del lavoratore interessato da elementi retributivi, quali il premio di produzione, diretti a compensare una partecipazione piena ai risultati produttivi dell’impresa.” (in senso analogo v. anche Cass. Sez. lav. n. 12321 del 15/5/2008).