La Cassazione, torna sull’annoso tema della retribuzione del cd “tempo tuta” e, lo fa con la sentenza nr. 1817 dello scorso 8 febbraio 2012, con la quale, dichiara ancora una volta che il “tempo tuta” va retribuito in quanto, il tempo necessario al lavoratore per indossare la divisa, va considerato come orario di lavoro.
Il caso ha riguardato alcuni lavoratori dell’Ilva spa che citavano l’azienda chiedendo il pagamento del tempo impiegato per coprire il tragitto dal varco di accesso allo stabilimento al reparto e viceversa”. La Corte d’appello, in riforma della sentenza di primo grado, condannava la società a corrispondere ai lavoratori il compenso dovuto, a titolo di lavoro straordinario, per il tempo necessario per indossare la tuta da lavoro e i dispositivi di protezione individuale (DPI), nonché per recarsi dallo spogliatoio al reparto o e viceversa. La società ricorreva in Cassazione.
Cassazione: il tempo per il cambio tuta va retribuito
Gli Ermellini, confermano la legittimità di quanto stabilito dai giudici di appello che, hanno indicato una soluzione intermedia, tra la tesi avanzata dai lavoratori e quella della ditta, non considerando tempo di lavoro quello impiegato per andare dall’accesso allo stabilimento sino allo spogliatoio, ma considerando invece il tempo necessario alla vestizíone, nello spogliatoio, della tuta e dei dispositivi di protezione individuale, nonché il tempo di percorrenza dallo spogliatoio al reparto.
Il tutto si ripropone in senso inverso, includendo nell’orario il tempo di percorrenza dal reparto allo spogliatoio e di svestizione della tuta e dei dispositivi di protezione, senza invece considerare il tempo di percorrenza dallo spogliatoio all’uscita dello stabilimento.
E ciò, per un semplice motivo:” i dispositivi di protezione individuale (DPI) rientrano tra le ‘misure’ che, ai sensi dell’art. 2087 c.c, i! datore di lavoro deve adottare per tutelare l’integrità fisica del lavoratore (in questo caso misure specificamente individuate dagli artt. 377 e 379 del dpr 547 del 1955 e dagli artt. 40, 43 e 44 d. lgs. n. 626 del 1994).
Le disposizioni aziendali in materia, espresse o implicite, rientrano nell’ambito del potere direttivo del datore di lavoro. Se un lavoratore pretendesse di svolgere le sue mansioni in reparto senza aver indossato tuta e dispositivi di protezione sarebbe esposto al potere disciplinare dell’IILVA. Di conseguenza, indossarli è un obbligo per ì lavoratore e svolgere le relative operazioni fa parte della prestazione cui egli è tenuto nei confronti del datore di lavoro.”
Il tempo cambio tuta va retribuito
Non è discutibile, proseguono i giudici, di conseguenza, “la soggezione del lavoratore nell’adempimento di tali obblighi al potere direttivo e disciplinare dell’imprenditore. Tali operazioni sono esecutive di una prescrizione datoriale e se il lavoratore non le compie è soggetto a responsabilità disciplinare. Si è pertanto all’interno dei poteri direttivi, di controllo e disciplinare del datore di lavoro.
A maggior ragione se, si considera la nozione che decreto legislativo del 2003, da di “orario di lavoro”, definendolo come “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.
La formula è ampia: la dizione “attività ‘o” funzioni” indica una volontà legislativa di considerare non solo l’attività lavorativa in senso stretto, ma un concetto più flessibile ed esteso, che sicuramente integra operazioni strettamente funzionali alla prestazione. Peraltro, nello svolgimento di tali operazioni è necessario che il lavoratore sia “a disposizione” del datore di lavoro, cioè soggetto al suo potere direttivo e disciplinare. Requisiti che sussistono nel caso di specie; pertanto il ricorso della società va rigettato.
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