La suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 11254 del 10 maggio 2010, ha affermato, l’obbligatorietà dell’invito alle Organizzazioni sindacali per la consultazione preventiva sindacale finalizzata alla richiesta di CIGS. Se la procedure non viene rispettata infatti, sussiste la facoltà per i lavoratori, di richiedere il risarcimento per i danni subiti.
Il fatto ha riguardato un lavoratore, collocato in Cigs, dall’azienda Siemems s.p.a., nel lontano 2001. Il lavoratore chiedeva al Tribunale di Napoli di dichiarare l’illegittimità delle sua sospensione dal lavoro, rilevando tra l’altro, che non era stata giustificata la mancata applicazione della rotazione, in violazione dell’art. 1, 7° comma, della legge n. 223/91 e che, non erano stati sottoposti alla valutazione sindacale i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere.
L’art. 1 L. 223/91 detta le “norme in materia di intervento straordinario di integrazione salariale” e, al co.7 stabilisce che:
I criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonchè le modalità della rotazione prevista nel comma 8 devono formare oggetto delle comunicazioni e dell’esame congiunto previsti dall’art. 5 della legge 20 maggio 1975, n. 164 (procedure di consultazione sindacale)
La CIGS era stata autorizzata dal Ministero del lavoro, approvando il progetto aziendale concluso con le organizzazioni sindacali, nel quale tra l’altro si dichiarava che “valutate le motivazioni addotte dall’azienda in merito non si procederà ad effettuare a rotazione”. Il Tribunale rigettava la domanda. La Corte di Appello, invece, condannava la società al risarcimento del danno in misura pari alle retribuzioni non corrisposte, detratta la somma percepita dal lavoratore a titolo di Cigs.
Gli Ermellini hanno affermato che: “in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi, tale illegittimità può essere fatta valere dai lavoratori interessati davanti al giudice ordinario, in via incidentale, per ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata”.
La Corte continua: “Ai fini, quindi, della legittimità della sospensione della retribuzione per i lavoratori collocati in Cigs l’azienda è tenuta a comunicare i motivi per i quali non vengano adottati i meccanismi di rotazione ed i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere.
La comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale risulta essere assai generica, in ordine ai criteri di individuazione dei dipendenti interessati alla sospensione; tale genericità, rende impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere e quindi, viola l’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 1, comma 7, della legge n. 223/1991. Tale violazione non può ritenersi sanata neanche dall’effettività del confronto con le organizzazioni sindacali, trovandosi queste ultime a dover interloquire sul tema senza essere a conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare”.