La Cassazione, con sentenza nr. 20598 dello scorso 9 settembre, torna a pronunciarsi in materia di legittimità di apposizione di termine al contratto di lavoro, stabilendo che, il contratto di somministrazione di lavoro, diventa a tempo indeterminato se non muta il fabbisogno di lavoro all’interno dell’azienda.
La causa è giunta in Cassazione a seguito di ricorso presentato da un lavoratore contro Poste Italiane, assunto con contratto di fornitura di lavoro temporaneo in data 17 marzo 2004 per l’utilizzazione, nel periodo 22 marzo – 31 maggio 2004, di 10 lavoratori nei “casi previsti dal ccnl maggiore fabbisogno di personale connesso a situazioni di mercato congiunturali e non consolidabili”.
In seguito il medesimo lavoratore venne nuovamente avviato presso Poste per altri due periodi di lavoro. ll lavoratore convenne in giudizio Poste italiane spa chiedendo che venisse dichiarata la nullità della clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro temporaneo con conseguente conversione del rapporto a tempo indeterminato, riammissione in servizio alle dipendenze di Poste italiane spa e pagamento delle retribuzioni a decorrere dalla data di messa in mora.
Il Tribunale di primo grado rigettava il ricorso; di diverso avviso la Corte d’Appello di Ancona. Poste Italiane proponeva ricorso in Cassazione.
Gli Ermellini, convalidano la tesi della Corte d’Appello secondo cui, “la somministrazione di lavoro di cui al contratto di fornitura datato 22 marzo 2004, prorogato sino al 30 settembre 2004, è avvenuta fuori dei limiti e delle condizioni di cui all’art. 20, comma 4, del d. lgs. 276 del 2003”
La Corte in motivazione ha precisato che, considerata la data di stipulazione del contratto, 22 marzo 2004, si applicava la disciplina del contratto di somministrazione dettata dal d. lgs. n. 276 del 2003, il cui art. 85, comma 1. lett. f) aveva abrogato la disciplina previgente, ma il cui art. 86, terzo comma, faceva salva in via transitoria e sino alla scadenza manteneva in vigore le clausole dei contratti collettivi vigenti “con esclusivo riferimento alla determinazione per via contrattuale delle esigenze di carattere temporaneo che consentono la somministrazione a termine”.
Di conseguenza, secondo la Corte, la disposizione dell’art. 20, quarto comma, va integrata con la previsione collettiva, che rende quindi legittima la causale indicata nel contratto di fornitura.
La Corte ha ritenuto che l‘apposizione del termine sia illegittima non per genericità della causale, ma perché la prova documentale e testimoniale aveva dimostrato che “la predisposizione a livello nazionale del progetto della nuova rete e l’avviamento della nuova rete di trasporti postali ‘week end’, allegate come ragione del fabbisogno di personale connesso a situazioni di mercato congiunturali e non consolidabili, non avevano comportato apprezzabili variazioni in termini di conseguenziali necessità di adeguamento delle risorse umane estese al CPO di Pesaro che, viceversa, seguitava a funzionare nella modalità manuale mentre era stato meccanizzato il centro di smistamento della corrispondenza dì Ancona”.
In definita, a seguito di queste ed ulteriori valutazioni di merito, la Corte ha ritenuto “carente la prova che tale situazione avesse comportato per la filiale di P. una contingente necessità temporanea di fabbisogno di ulteriore personale” e non è stata dimostrata “una specifica situazione in relazione alla filiale di P. di un maggiore fabbisogno di personale connesso a situazioni di mercato congiunturali e non consolidabili” (come invece richiesto dal ccnl invocato).