La Cassazione, con sentenza nr. 23037 dello scorso 12 novembre ha affermato il diritto della lavoratrice madre ai contributi figurativi durante il periodo di maternità, anche se non risultano assunta.
Il caso ha riguardato una lavoratrice che, citava l’Inps per ottenere l’accredito dei contributi figurativi per i periodi di astensione obbligatoria per maternità, in relazione ai parti avvenuti il 13 ottobre 1972 ed il 16 febbraio 1974, in applicazione del disposto dell’art. 25 dlgs. n. 151 del 2001.
La corte di Appello di Torino, dava ragione alla lavoratrice considerato che la ricorrente aveva versato oltre cinque anni di contribuzione all’AGO (assicurazione generale obbligatoria); pertanto disattendeva la tesi dell’inps per cui i cinque anni, di cui a detto art. 25, dovrebbero necessariamente procedere o succedere alla maternità, collocarsi cioè all’interno di un rapporto di lavoro, perché la contribuzione figurativa mai potrebbe essere riconosciuta alle lavoratrici autonome”.
L’inps ricorreva in Cassazione, chiedendo se sia applicabile l’art 25 d.lgs. 165/2001, nel caso in cui la lavoratrice abbia trascorso i periodi di astensione per maternità allorquando non svolgeva alcuna attività lavorativa e che, successivamente all’evento, sia stata iscritta alla gestione dei lavoratori autonomi.
La Corte ricorda che: “per le lavoratrici autonome, come artigiana, commerciante, coltivatrice diretta, professionista, parasubordinata o lavorante a domicilio, è stato da tempo esteso il diritto alla indennità di maternità, ma per esse non è stato prevista anche la copertura con la contribuzione figurativa, sulla base della regola generale per cui questaspetta solo ai lavoratori dipendenti.
Per ampliare l’ambito di operatività della contribuzione figurativa durante i periodi di maternità, continua la Corte, furono emanate, nel corso del tempo, varie disposizioni confluite nell’art. 25 secondo comma del medesimo TU sulla maternità, avente il seguente tenore:
In favore dei soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità e i superstiti, i periodi corrispondenti al congedo di maternità di cui agli articoli 16 e 17, verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, sono considerati utili ai fini pensionistici, a condizione che II soggetto possa far valere, all’atto della domanda, almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di lavoro».
Attraverso questa disposizione,conclude la Corte, i congedi di maternità vengono ad essere coperti da contribuzione figurativa anche se effettuati non in costanza di rapporto di lavoro subordinato, e cioè anche se la lavoratrice, nel relativo periodo, era disoccupala, o era lavoratrice autonoma.
In altri termini, il diritto all’accredito deve essere riconosciuto prescidendo dalla collocazione dell’evento maternità, ed anche dal fatto che, antecedentemente o successivamente al periodo oggetto di domanda, sia stata svolta attività lavorativa in settori che non prevedevano o non prevedano l’accredito figurativo per maternità.
Ossia, la contribuzione figurativa compete qualunque fosse la gestione cui la lavoratrice era iscritta all’epoca del congedo, ed anche se non era iscritta ad alcuna gestione perché non occupata. Pertanto il ricorso va accolto