Bonus bebè e assegno maternità, per la Consulta spettano anche agli Extra UE con permesso di soggiorno breve; la sentenza della Corte Costituzionale dell’11 gennaio 2022 pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 9 marzo, ha dichiarato l’incostituzionalità delle leggi che non permettono ai cittadini non comunitari con un permesso di soggiorno breve, ovvero inferiore a 6 mesi, di ricevere tali benefici. La decisione segue la sentenza della Corte di giustizia europea del 2 settembre 2021.
Per il bonus bebè le domande riguarderanno gli arretrati fino al 28 febbraio, dato che la misura è stata inglobata dall’assegno unico e universale, mentre per l’assegno di maternità dei comuni è ancora possibile fare domanda.
La sentenza della Consulta arriva a termine di una intricata vicenda giudiziaria, che ha coinvolto anche la Corte di Cassazione e che, dopo alcuni anni, giunge finalmente a conclusione. Vediamo allora che cosa è stato stabilito dalla Corte Costituzionale.
Bonus bebè e assegno di maternità: di che cosa si tratta?
Prima di focalizzarci sugli aspetti giudiziari, ricordiamo in sintesi che cosa sono assegno di maternità e bonus bebè.
- l’assegno di maternità dei Comuni riguarda le donne che non possono avvalersi di alcuna delle indennità di maternità previste per le lavoratrici sia subordinate che autonome dal d.lgs. n. 151 del 2001. La prestazione, correlata al reddito del nucleo familiare di appartenenza della donna, è assegnata dai Comuni e corrisposta dall’Istituto di previdenza;
- l’assegno di natalità o bonus bebè rappresenta invece il contributo mensile per tutti i figli nati o adottati a cominciare dal 2015 , rapportato all’ISEE. Si tratta tuttavia di misura abrogata da marzo 2022, a seguito del noto d. lgs . n. 230 del 2021, che ha previsto l’introduzione dell’assegno unico universale.
Alcune tappe della vicenda giudiziaria citata, meritano in particolare di essere indicate, per comprendere il filo logico che ha portato alla citata sentenza n. 54 della Corte Costituzionale. Le vedremo di seguito.
Bonus bebè e assegno di maternità dei Comuni: le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Cassazione
La Corte di Cassazione sezione lavoro con varie ordinanze aveva sollevato, nel 2019, la questione di legittimità in relazione agli artt. 3, 31 e 117 primo comma Cost., e in relazione agli artt. 20, 21, 24, 33 e 34 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE.
Le questioni di legittimità costituzionale erano state poste sulle norme che subordinano il riconoscimento del bonus bebè e assegno di maternità al possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Ciò in quanto non rispetterebbero il principio costituzionale di eguaglianza, di cui all’art. 3 Cost. Dette norme penalizzerebbero infatti i soggetti che, senza i requisiti per ottenere il permesso in esame, si trovino in condizioni di più grave bisogno.
Non solo. In gioco altresì il contrasto con l’art. 117, primo comma della Costituzione, giacché sarebbe violato il diritto dei bambini “alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere“.
Il rinvio alla Corte di Giustizia UE e la decisione della Consulta
La Corte Costituzionale, a sua volta, aveva scelto di rinviare in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE la quale, con provvedimento dello scorso 2 settembre, aveva affermato che l’esclusione dei titolari di permesso unico lavoro dalle disposizioni relative ai citati bonus welfare familiare è da ritenersi in contrasto:
- con l’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali UE;
- con la direttiva che stabilisce il diritto alla sicurezza sociale per tutti gli stranieri, aventi un permesso di soggiorno – anche breve – ma tale da permettere di lavorare.
Alla luce di ciò la Consulta è tornata sull’argomento e, tramite la sentenza n. 54 del 2022 – pubblicata recentemente in GU – ha formalmente dichiarato l’incostituzionalità delle regole in tema di bonus bebè e assegno maternità, ritenute discriminanti per la citata categoria di soggetti.
Non vi sono dubbi a riguardo: come già accaduto per il bonus asilo nido, la Corte Costituzionale – su impulso della Cassazione – ha dunque censurato la limitazione dei contributi per la natalità e l’infanzia, nei confronti dei residenti stranieri. In estrema sintesi, secondo questo giudice, la Costituzione a tutela della maternità e dell’infanzia non tollera distinzioni arbitrarie e irragionevoli. Ecco perché la sentenza n. 54 si è espressa a favore della illegittimità costituzionale.
Riconoscimento delle prestazioni di welfare familiare e tutela del minorenne
Quanto emerge dalla sentenza della Corte Costituzionale è anche il frutto della necessità della tutela del minorenne, cui le prestazioni in oggetto si ricollegano. Infatti nella sentenza si trova scritto che:
“nell’introdurre presupposti reddituali stringenti per il riconoscimento di misure di sostegno alle famiglie più bisognose, le disposizioni censurate istituiscono per i soli cittadini di paesi terzi un sistema irragionevolmente più gravoso, che travalica la pur legittima finalità di accordare benefici dello stato sociale a coloro che vantino un soggiorno regolare e non episodico sul territorio della nazione”.
Perciò, il bonus bebè e l’assegno di maternità dei Comuni debbono essere assicurati a tutti i cittadini legalmente residenti in Italia con qualsiasi titolo di soggiorno, a garanzia dei diritti dei più bisognosi. In particolare il provvedimento della Consulta produce i suoi effetti su tutte le domande di bonus bebè effettuate fino al primo marzo di quest’anno, ossia la data da cui detta prestazione di welfare familiare è stata sostituita dal nuovo assegno unico universale. Per quanto riguarda invece le domande di assegno di maternità, esse possono essere ancora presentate presso il proprio Comune di residenza entro i sei mesi dalla nascita del figlio.
Qui il testo completo della Sentenza della Corte Costituzionale.
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