Una recente sentenza della Corte Costituzionale si focalizza di nuovo sull’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, così come modificato dalla discussa riforma Fornero – ossia la legge n. 92 del 2012 – disponendo l’obbligo di reintegra del lavoratore in ipotesi di ‘licenziamenti economici’ se il fatto del licenziamento economico è “manifestamente insussistente”.
Ciò è quanto si può apprendere dal testo del recente provvedimento della Corte Costituzionale, con cui si dichiara “incostituzionale l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori; nel testo modificato dalla ‘riforma Fornero’, con riferimento all’articolo 3 della Costituzione”. Vediamo allora un po’ più nel dettaglio che cosa ha stabilito la Consulta e perchè le sue conclusioni sono così importanti.
Articolo 18 Statuto dei Lavoratori: la Consulta boccia di nuovo la riforma del lavoro
La Corte Costituzionale è dunque giunta a bocciare l’approccio della legge Fornero riguardo all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e alla delicata materia dei licenziamenti. In buona sostanza, se alla verifica dei fatti, il licenziamento del dipendente emerge come ingiusto, non può essere il riferimento ai ‘motivi economici’ a giustificare detto recesso unilaterale, da parte del datore di lavoro. Anzi, conseguentemente il lavoratore deve essere riassunto.
Già in passato, in relazione al Jobs Act che tutti riconduciamo al periodo in cui Matteo Renzi fu Presidente del Consiglio, la Consulta si espresse negativamente sulla riforma del lavoro; e bocciò il criterio automatico per il calcolo dell’indennità di licenziamento ingiustificato. Alcuni anni fa, infatti, questo giudice dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 comma 1, del d. lgs. n. 23 del 2015, in tema di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, nella parte che dispone in modo rigido l’indennità attribuita al lavoratore licenziato in maniera ingiustificata.
In quell’occasione, la Corte si espresse con le seguenti e limpide parole “la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è, secondo la Corte, contraria ai principi di ragionevolezza; e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione”.
Il ragionamento della Corte in sintesi: violato il principio costituzionale di uguaglianza
Come accennato all’inizio, nella sua recente sentenza la Consulta ha stabilito che in ipotesi di ‘licenziamenti economici’ è ”obbligatoria la reintegra se il fatto è manifestamente insussistente”. Ecco perchè la riforma Fornero sul punto è da ritenersi incostituzionale.
La Corte si sofferma sull’illegittimità costituzionale del carattere meramente facoltativo del rimedio del reintegro del lavoratore. E lo fa con queste parole chiarificatrici in una nota: “In un sistema che, per scelta consapevole del legislatore, attribuisce rilievo al presupposto comune dell’insussistenza del fatto; e a questo presupposto collega l’applicazione della tutela reintegratoria del lavoratore”, si palesa come ”disarmonico e lesivo del principio di eguaglianza” il ”carattere facoltativo del rimedio della reintegrazione per i soli licenziamenti economici; a fronte dell’inconsistenza della giustificazione addotta e della presenza di un vizio ben più grave rispetto alla pura e semplice insussistenza del fatto”.
Onde non lasciar alcun dubbio circa la posizione assunta, la Corte Costituzionale nella nota chiarisce ulteriormente perchè l’articolo 18 Statuto dei Lavoratori, così come riformato dalla Fornero, deve ritenersi contrario ai principi costituzionali. Infatti, la Consulta ha bocciato la norma nella parte nella quale dispone che il magistrato, una volta acclarata la manifesta insussistenza del fatto posto a fondamento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, “può altresì applicare”; invece che “applica altresì” la tutela reintegratoria nei confronti del lavoratore.
In buona sostanza, la norma di cui all’articolo 18, come modificato dalla riforma Fornero, è in palese contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza. Infatti detto principio ”risulta violato se la reintegrazione, in caso di licenziamenti economici, è prevista come facoltativa; mentre è obbligatoria nei licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo, quando il fatto che li ha determinati è manifestamente insussistente”.
Violato altresì il principio di ragionevolezza
Ricapitolando quello che è stato il meccanismo che ha portato la Corte Costituzionale ad esprimersi per l’incostituzionalità dell‘articolo 18 Statuto dei Lavoratori; così come riformulato dalla legge Fornero, appare dunque ingiustificato un eventuale differente trattamento per quanto riguarda i licenziamenti economici infondati. E ciò “nonostante la più incisiva connotazione della inesistenza del fatto, indicata dal legislatore come manifesta’’.
Non solo violazione del principio di eguaglianza, vero e proprio pilastro della Carta e del nostro sistema democratico. La Corte Costituzionale sottolinea altresì “l’irragionevolezza intrinseca del criterio distintivo adottato, che conduce a ulteriori e ingiustificate disparità di trattamento”.
Non deve dunque stupire che questo giudice abbia notato che, per i licenziamenti economici, “il legislatore rende facoltativa la reintegrazione; senza offrire all’interprete un chiaro criterio direttivo”. Inoltre, la scelta tra forma di tutela data dal reintegro, e forma di tutela indennitaria, è rimessa a una valutazione soggettiva del giudice competente per la questione. Ma le sue conclusioni risultano disancorate “da precisi punti di riferimento“.
Concludendo e in sintesi, la Corte Costituzionale ha deciso di ritenere fondata l’illegittimità costituzionale relativa all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori nella sezione nella quale si dispone che il giudice abbia esclusivamente la facoltà; e non il dovere di imporre al datore di lavoro la reintegra sul posto di lavoro. Ciò appunto laddove sia emerso, in corso di causa, che il licenziamento del lavoratore per giustificato motivo oggettivo è stato fondato su un fatto manifestamente non sussistente.