Il Dipartimento della Funzione Pubblica, ha fornito alcune precisazioni in merito all’istituto del congedo straordinario di cui all’art. 42, commi 5 e ss., del D.L.vo. n. 151/2001,(T.U. maternità e paternità) con particolare riferimento agli effetti che l’assenza produce sulla maturazione dell’anzianità di servizio ai fini della progressione economica e della pensione.
Nella nota del 15 febbraio scorso, si fa riferimento all’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001 , così come modificato dalla lettera dell’art. 4 del d .lgs. n. 119/2011 ( riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi).
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Il comma 5-ter recita: “Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa;…”; il successivo comma 5-quinquies dispone: “Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Per quanto non espressamente previsto dai commi 5, 5-bis, 5-ter e 5-quater si applicano le disposizioni dell’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53“.
Si richiama anche la circolare nr. 1/2012 nella quale si precisa che “i periodi di congedo straordinario non sono computati ai fini della maturazione di ferie, tredicesima, trattamento di fine rapporto e trattamenti di fine servizio, ma, essendo coperti da contribuzione, sono validi ai fini del calcolo dell’anzianità “.
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Ciò sta a significare, continua la circolare, “che il periodo del congedo deve essere riconosciuto ai fini dell’anzianità di servizio valevole per il raggiungimento del diritto a pensione e per la sua misura; questo si desume dalla circostanza che la legge ha previsto l’istituto della contribuzione figurativa (la quale, si ricorda, nel caso di specie vale solo per i lavoratori del settore privato, atteso che per i pubblici dipendenti la contribuzione è connessa alla retribuzione effettivamente versata dal datore di lavoro) che è valida per il diritto e per la misura della pensione.
Occorre poi considerare il richiamo all’art. 4, comma 2, della l. n. 53 del 2000, nel quale è previsto che il congedo non è computato nell’anzianità di servizio, lì dove l’anzianità di servizio è tenuta distinta dai “fini previdenziali“.
Pertanto, nell’esaminare l’istituto occorre distinguere la valenza dell’anzianità maturata nel corso della fruizione del congedo e, cioè, l’effetto che si produce rispetto al trattamento pensionistico e quello che riguarda invece il conseguimento del requisito per la progressione a fini economici e, quindi, i periodi di congedo sono validi ai fini pensionistici, ma non ai fini della progressione economica.
Questa conclusione è confermata dalla considerazione che, di regola, i periodi rilevanti ai fini delle progressioni economiche presuppongono un’attività lavorativa effettivamente svolta, che porta ad un arricchimento della professionalità e ad un miglioramento delle capacità lavorative del dipendente, situazione che non ricorre nel momento in cui il dipendente si assenta dal servizio e non svolge la propria attività lavorativa”.