Il lavoratore pubblico che truffa con una falsa attestazione in servizio, direttamente o per interposta persona, se colto in flagranza, sarà sospeso entro 48 ore e, sarà immediatamente avviato l’iter per il licenziamento disciplinare che dovrà avvenire al massimo entro 30 giorni.
E’ questo quanto previsto dal nuovo Testo Unico del Pubblico Impiego (d. lgs. 165/2001), che entrerà in vigore il 22 giugno prossimo così come modificato dagli ultimi due decreti attuativi della L. 124/2015, legge di riforma della PA targata Madia.
Il concetto di falsa attestazione in servizio
Viene ampliata la nozione di “falsa attestazione in servizio” con una modifica all’art. 55 quater del TUPI sul procedimento disciplinare:
Costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere,anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell’orario di lavoro dello stesso.
Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta.
La flagranza e la sospensione cautelare dal servizio
Sempre all’art. 55-quater, dopo il comma 3 è aggiunto il comma 3-bis che specifica i tempi e le modalità per la sospensione cautelare dal servizio a seguito di falsa attestazione in servizio.
“La falsa attestazione in servizio accertata in flagranza o tramite strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, determina l’immediata sospensione cautelare senza stipendio del dipendente, fatto salvo il diritto all’assegno alimentare nella misura stabilita dalle disposizioni normative e contrattuali vigenti, senza obbligo di preventiva audizione dell’interessato”.
La sospensione è disposta dal dirigente con provvedimento motivato, in via immediata e comunque entro quarantotto ore.
La violazione di tale termine non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’inefficacia della sospensione cautelare, fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile.
Con il provvedimento di sospensione cautelare si procede anche alla contestuale contestazione per iscritto dell’addebito e alla convocazione del dipendente dinanzi all’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari.
La convocazione in contraddittorio deve avvenire con preavviso di almeno 15 giorni e, il lavoratore, può farsi assistere da un procuratore o da un rappresentante sindacale.
Fino a tale data il lavoratore può presentare delle memorie scritte o, in caso di assoluto impedimento può fare richiesta di rinvio dell’audizione.
Il procedimento deve concludersi entro 30 giorni dalla ricezione, da parte del dipendente, della contestazione dell’addebito.
La violazione di questi termini, non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’invalidità della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente e non sia superato il termine per la conclusione del procedimento di cui all’articolo 55-bis, comma 4 ossia, di sessanta giorni.
Responsabilità del dirigente
Qualora il dirigente ometta, una volta venuto a conoscenza del fatto, di avviare il procedimento disciplinare o, di sospendere cautelarmente il dipendente, lo stesso, sarà soggetto a licenziamento per illecito disciplinare.
Il danno d’immagine
La falsa attestazione in servizio comporta anche l’obbligo, da parte del dipendente di risarcire la PA datrice di lavoro del danno di immagine.
La misura del risarcimento è decisa in via equitativa dal Giudice ma, in ogni caso non potrà essere inferiore alle sei mensilità dell’ultimo stipendio dovuto più le spese di giustizia.
Questo procedimento è di competenza della Corte dei Conti. Infatti ad essa e al Pubblico Ministero, dovrà pervenire la denuncia da parte della Pubblica Amministrazione entro quindici giorni dall’avvio del procedimento disciplinare.
L’azione da parte delle Procure e della Corte dei Conti avviene entro 150 giorni dal ricevimento della denuncia e questo, per assicurare una maggiore separazione tra procedimento disciplinare di competenza dell’amministrazione e i procedimenti penali ed erariale delle Procure e della Corte dei Conti.