Dopo il via libera al taglio dei vitalizi degli ex deputati, che vedranno i loro assegni ricalcolati in base al metodo contributivo, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, annuncia che a breve arriverà anche il taglio alle pensioni d’oro. Inizialmente, l’idea era quella di tagliare solo le pensioni da 5.000 euro in su; ora, tale soglia si è abbassata ulteriormente a 4.000 euro. La filosofia è quella di decurtare tutte quelle pensioni che non hanno versato una quota di contributi che dia diritto a un assegno di pensione così alto.
L’importo che il governo ricaverà dal taglio sarà impiegato per aumentare le pensioni minime INPS per portarle idealmente fino a 780 euro, ribattezzandole pensioni di cittadinanza. In altri termini, ci sarà un’integrazione fino a 780 euro delle pensioni più basse. Siamo ancora nella fase delle ipotesi ovviamente e il percorso sarà lungo ed articolato, ma cerchiamo di capire insieme di cosa si tratta e come funziona la nuova Riforma Pensioni.
Riforma Pensioni: quali sono quelle “d’oro”
In Italia esiste un esercito di pensionati che riceve trattamenti previdenziali molto alti, addirittura oltre 10 volte il trattamento minimo INPS, ossia sopra i 5.018,19 euro in poi. Dalle statistiche fornite dal Sole24Ore, i titolari di queste pensioni sono 158.347. Ciascun pensionato d’oro riceve un importo medio annuo di circa 85.151,15, per un importo complessivo che impatta sulle casse dello Stato per oltre 13 miliardi di euro annui.
Numeri folli che il vice premier, Luigi Di Maio, vuole arginare a tutti i costi mediante un taglio netto almeno per chi non ha versato i corrispondenti contributi che giustifichino un assegno così alto; come per i vitalizi si vuole cioè effettuare un ricalcolo con il metodo contributivo.
Taglio alle pensioni d’oro: modalità d’intervento
Attualmente non vi sono ancora le modalità attraverso le quali il governo intende intervenire per risolvere il problema; tuttavia si sono già fatte alcune ipotesi sulla base della realizzabilità del taglio.
Certo è che tutto dipenderà da dove, ossia da quale importo il governo intende tagliare le pensioni troppo alte. Si è parlato di un taglio a partire dai 4.000 euro o dai 5.000 euro, ma nelle intenzioni del ministro Di Maio l’assegno deve essere assolutamente proporzionato ai contributi versati, altrimenti subirà il taglio previsto.
In altre parole, si colpiranno tutti quegli assegni d’oro non giustificati; ognuno riceverà per quanto ha versato nella proprio carriera lavorativa, né un centesimo in più né un centesimo in meno. Ristabilendo un principio di equità sociale fra i cittadini.
Differenza tra metodo contributivo e retributivo
Per comprendere meglio questa operazione spieghiamo in estrema sintesi la differenza tra:
- metodo retributivo: in questo caso la pensione viene liquidata sulla base delle ultime retribuzioni percepite a prescindere dall’importo complessivo dei contributi versati;
- metodo contributivo: in questo caso l’importo della pensione è calcolato in base all’ammontare complessivo dei contributi versati durante l’arco della vita lavorativa del pensionato.
Pensione di cittadinanza
Ma che fine faranno i soldi che il governo ricaverà dal taglio alle pensioni d’oro? E come saranno utilizzati questi nuovi fondi? Qui entra in gioco un’altra misura principe del Movimento 5 Stelle, ovvero la pensione di cittadinanza.
Si tratta di una misura rivolta a tutti quei pensionati che non hanno un reddito sufficiente per vivere in modo dignitoso. Quindi, ci sarà un adeguamento delle pensioni minime, vale a dire un’integrazione per portarle fino a 780 euro.
Taglio dei vitalizi
Intanto, con tanto di hashtag #byebyevitalizi, arriva il taglio definitivo dei vitalizi degli ex parlamentari.
«Si tratta di un momento storico, almeno per il simbolo che rappresenta questa decisione che dopo oltre 30 anni sancisce un principio chiaro: se hai versato i contributi allora il vitalizio ti spetta, se non hai versato no». Lo ha detto il vice premier Luigi Di Maio intervistato durante Uno Mattina.
Si tratta di un principio di giustizia sociale, ognuno riceverà per quanto ha contribuito. Per chi ha lavorato per esempio 3 anni in Parlamento, non potrà più percepire un assegno di 6.000 euro, ma riceverà per quanto ha versato.