Come ormai noto, con la legge 214/11 (cd legge Monti-Fornero), il Governo Monti aveva bloccato il meccanismo automatico di rivalutazione pensioni per i trattamenti di importo superiore a tre volte il minimo INPS.
Di conseguenza, i pensionati che percepivano una pensione superiore a € 1.405,05 lordi (nell’anno 2012) e € 1.443,00 lordi (nell’anno 2013), si sono visti negare, per effetto della suddetta norma, la rivalutazione automatica della pensione.
Cos’è la perequazione o rivalutazione pensioni?
La “perequazione” automatica (anche detta “rivalutazione” automatica) è quel meccanismo che permette di adeguare, ogni anno, il trattamento pensionistico all’aumento del costo della vita, in modo da permettere ai pensionati, di conservare il medesimo tenore di vita. Ciò avviene aumentando l’importo della pensione, in base agli indici forniti dall’ISTAT annualmente e ricavati in base all’aumento medio dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
La Sentenza della Corte Costituzionale e il D.L. 65/15
Con la famosa sentenza n. 70 del 30 aprile 2015, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 24, comma 25 del decreto legge 201/2011, ovvero di quella norma che, al fine di far fronte alle scarse risorse disponibili dello Stato, aveva bloccato il meccanismo automatico di rivalutazione.
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La Corte, con tale decisione ha affermato che il blocco della perequazione delle pensioni era illegittimo in quanto, non assicurando la conservazione del potere di acquisto delle somme, violava il diritto dei pensionati a percepire una pensione adeguata.
All’indomani della sentenza il Governo, al fine di limitare le conseguenze negative che l’applicazione integrale della sentenza avrebbe provocato al bilancio dello stato, si è affrettato ad approvare il Decreto legge n. 65/2015 (convertito in Legge 109/2015).
Tale provvedimento ha previsto il rimborso solo parziale delle somme non versate negli anni 2012 e 2013, attraverso un meccanismo a scalare per effetto del quale, ai pensionati, è stato restituito molto meno rispetto a quanto effettivamente spettante.
Tuttavia, se con l’approvazione del Decreto 65/15 la partita sembrava chiusa, a riaccendere le speranze dei pensionati italiani, di recuperare le somme illegittimamente negate, ci hanno pensato i giudici di merito, ai quali tanti pensionati si sono rivolti per far valere i propri diritti.
I tribunali infatti, dubitando della sua legittimità, hanno sollevato la questione di costituzionalità del decreto 65/15, così riportando, ancora una volta, la vicenda della rivalutazione delle pensioni, sul tavolo della Corte Costituzionale.
Il decreto Poletti, secondo i Giudici, sarebbe illegittimo sia perché avrebbe restituito troppo poco, così violando il principio di proporzionalità e adeguatezza e sia perché, negando qualsiasi rivalutazione per le pensioni più alte, non sarebbe conforme alle indicazioni dettate dalla Corte Costituzionale.
Ora, qualora la Corte dovesse accogliere la tesi dei giudici remittenti, i pensionati avrebbero diritto automaticamente al rimborso delle somme non percepite. Inoltre, una eventuale decisione in tal senso, avrebbe efficacia generale poichè ne potrebbero beneficiare anche coloro che non hanno presentato, ad oggi, alcun ricorso.
L’ombra della prescrizione sul rimborso pensioni
Tuttavia, poiché il diritto di cui discutiamo è soggetto a prescrizione quinquennale e, trattandosi di benefici che si riferiscono agli anni 2012 e 2013, è necessario porre in essere un atto interruttivo della prescrizione, in attesa della decisione della Corte Costituzionale.
Per fare ciò basta inviare all’INPS, entro dicembre 2016, una raccomandata con ricevuta di ritorno, con la quale si chiede la ricostituzione della propria pensione. In questo modo, qualora la Corte dovesse accogliere la questione sottopostale, ogni pensionato potrà ancora sperare di vedersi restituire quanto illegittimamente tolto.