Al fine di andare in pensione in anticipo ovvero anticipare il trattamento pensionistico, la Legge di Bilancio 2018 (L. n. 205/2017) all’art. 1, co. 168 e 169 ha introdotto la RITA; un’interessante strumento volto a divenire la nuova ed unica forma di prestazione anticipata di previdenza complementare, ossia la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata.
Tale strumento prevede semplicemente la possibilità di poter utilizzare il capitale che il lavoratore ha accumulato durante la vita lavorativa nei fondi di previdenza complementare e lo si riscuote in anticipo sotto forma di rendita mensile. Ma quali sono i requisiti per accedervi? Chi può farlo? Quanto costa? Conviene? Ecco delle brevi linee guida su come e quando è possibile richiedere la RITA.
RITA (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata), cos’è
La RITA è una nuova forma di flessibilità in uscita che consente ai lavoratori che sceglieranno l’APE, ossia, l’anticipo pensionistico, di coprire in parte o tutto, il finanziamento bancario assicurato. In altri termini, è consentito ai lavoratori con 61 anni e 7 mesi di età e almeno 20 anni di contributi di andare in pensione in anticipo con l’APE, e di percepire la rendita fruendo di una tassazione sostitutiva più leggera.
Quindi:
- il lavoratore che possiede i requisiti richiesti dall’APE, può andare in pensione in anticipo rispetto a quella di vecchiaia, utilizzando un vero e proprio prestito sulla pensione erogato da banche e assicurazioni;
- se il lavoratore però, ha pagato una pensione integrativa, questa può essere utilizzata per questo fine, e può essere trasferita nel fondo pensione integrativo da dove si richiede il prestito APE;
- chi opterà per la RITA ha diritto ad uno sgravio dello 0,3% per ogni anno di iscrizione a un fondo superiore a 15 anni, con una tassazione sostitutiva più favorevole dall’attuale 23% al 9%.
RITA per andare in pensione in anticipo, requisiti
Per andare in pensione in anticipo con la RITA bisogna possedere i seguenti requisiti:
- cessazione dell’attività lavorativa;
- maturazione entro 5 anni dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia (66 anni e 7 mesi per il 2018 e 67 dal 2019);
- maturazione di almeno 20 anni di contributi nei regimi obbligatori di appartenenza;
- almeno 5 anni di iscrizione e contribuzione al fondo pensionistico cui si chiede la Rita.
Dopo l’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2018 (art. 1, co. 168 e 169 della L. n. 205/2017), l’ambito di applicazione è stato esteso anche ai disoccupati di oltre 24 mesi. Pertanto, per questi ultimi i requisiti da possedere sono i seguenti:
- cessazione dell’attività lavorativa;
- essere disoccupato dopo la cessazione dell’attività lavorativa per più di 24 mesi;
- avere raggiunto l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i 10 anni successivi al compimento del termine di inoccupazione;
- avere almeno 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari.
Rita, conviene fiscalmente?
Lo strumento della RITA conviene anche fiscalmente in quanto consente di fruire di alcuni interessanti vantaggi fiscali. In particolare, la rendita integrativa subirà una ritenuta a titolo d’acconto del 15%, con una riduzione dello 0,30% per ogni anno eccedente il 15° anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione del 6%.
Il vantaggio consiste nel fatto che è possibile applicare l’aliquota dal 9 al 15% al montante selezionato per l’alimentazione della RITA anche riferito a periodi di accantonamento anteriori al 2007.
Il risparmio fiscale è ancora maggiore se paragonato alla normale tassazione del Tfr o ai regimi fiscali applicati nel caso delle forme di rendita o capitale di previdenza complementare nelle modalità previste prima del 2007.
Rita cumulabile con APE sociale e volontaria
Si sottolinea infine, come l’accesso alla RITA non preclude la richiesta dell’APE sociale o APE volontaria; essendo gli strumenti cumulabili tra di loro e quindi è possibile ricevere più trattamenti previdenziali ancora prima di accedere alla pensione vera e propria.
È il caso per esempio del disoccupato oltre 24 mesi che decide di chiedere, sia la RITA che l’Ape sociale.