I temi delle pensioni e della riforma previdenziale avrebbero dovuto caratterizzare l’agenda del Governo Draghi, ma così non sarà. Si avvicinano le elezioni politiche del 25 settembre e soltanto dopo sapremo quale sarà il futuro della previdenza in Italia. Vero è che si tratta di argomenti che contribuiscono a rendere movimentata la campagna elettorale dei vari partiti politici: le proposte sono differenti ma tutte promettono di rivedere l’impianto pensionistico in modo sostanziale.
Il punto è insomma capire che cosa potrà succedere da qui ai prossimi mesi nel mondo della previdenza: vi saranno davvero un forte scossone e una riforma pensioni destinata a mutare profondamente l’assetto di regole oggi vigenti o resterà più o meno tutto pressoché invariato? Proviamo assieme a capire quali potranno essere gli scenari.
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Riforma pensioni in arrivo o ritorno alla legge Fornero?
Siamo praticamente ad un bivio: da un lato la riforma previdenziale da attuarsi auspicabilmente dopo le elezioni, dall’altro la conservazione dell’assetto attuale. Laddove non cambiasse davvero nulla post elezioni politiche (ed indipendentemente da chi vincerà), il destino tracciato è quello del ritorno all’applicazione integrale della legge Fornero. Pur al centro di dibattiti e criticata da più parti, questo sarebbe lo scenario certo.
Il punto è però che a seguito dell’insediamento del nuovo Esecutivo, vi saranno argomenti molto urgenti da trattare, tra cui la legge di Bilancio e la questione energia. Perciò seppur anch’essa molto importante, non è affatto improbabile che la riforma pensioni non sia redatta ed attuata in tempi brevi.
Ebbene, in mancanza di interventi sostanziali sul tema previdenziale, dal gennaio del prossimo anno si potrà andare in pensione per vecchiaia a 67 anni di età anagrafica (e non più 64 come con Quota 102). E’ la temuta soglia di cui alla legge Fornero, quello ‘scalino’ che pur bersaglio di più attacchi, permane tuttora non essendo mai stato abolito.
L’archiviazione di Quota 102 e il problema dei costi della riforma pensioni
Piuttosto, in questi anni le istituzioni hanno utilizzato dei meccanismi ad hoc, per rendere meno gravosa l’applicazione pratica della citata legge. Pensiamo infatti alle categorie in possesso di determinati requisiti contributivi, le quali hanno potuto anticipare l’uscita dal mondo del lavoro. Il riferimento è alle note Quota 100 e Quota 102, introdotte soltanto a livello sperimentale (Quota 102 scadrà infatti il prossimo dicembre).
Molti osservatori ritengono tuttavia che manca il tempo per smontare quella che è l’architrave del nostro sistema previdenziale: mancherebbe non soltanto il tempo, ma anche la necessaria quantità di risorse. Infatti sarebbero molto ingenti i costi degli interventi strutturali e troppo alto sarebbe il rischio di mandare fuori controllo i conti pubblici. Anche perché altre gravi questioni incombono – prima tra tutte quella relativa all’energia e al caro prezzi.
Tuttavia, partiti e coalizioni hanno chiarito quali sono le loro posizioni e le loro proposte per il futuro della previdenza sociale in Italia – anche se per i fatti ci sarà molto probabilmente ancora diverso tempo da aspettare.
Le proposte dei partiti in tema di riforma pensioni: il quadro sintetico
Ma è pur vero che i distinti dossier che il nuovo Governo dovrà valutare e considerare con attenzione c’è anche quello sulle pensioni. Non può sorprendere allora che su questi argomenti si siano pronunciati tutti i maggiori partiti, cercando di fare breccia nell’elettorato con distinte proposte per quote e limiti d’età.
La riforma pensioni secondo il centrodestra: i punti chiave
I partiti che formano la coalizione del centrodestra, oltre ad essere favoriti secondo le ultime rilevazioni dei sondaggi, sono anche tra i più attivi riguardo ai programmi di ambito previdenziale. Infatti la coalizione propone l’innalzamento delle pensioni minime (almeno mille euro), sociali e di invalidità, ma anche l’introduzione di una pensione ad hoc per le casalinghe.
Altro obiettivo del centrodestra, e in particolare della Lega, è quello di eliminare la discussa legge Fornero, per introdurre al suo posto il meccanismo Quota 41 (anni di contributi), al di là dell’età anagrafica. Ma si tratta di temi che soltanto dopo l’esito delle elezioni potranno eventualmente essere approfonditi: nel programma della coalizione infatti non si parla espressamente di Quota 41, ma di flessibilità in uscita dal mondo del lavoro, con una spinta al turn-over.
La riforma pensioni secondo il centrosinistra: i punti chiave
Distante dalla coalizione del centrodestra anche in ambito previdenziale, la coalizione del centrosinistra – guidata dal PD – ha in mente un’altra ricetta per la riforma pensioni. Nel programma vi è infatti la volontà di introdurre una maggiore flessibilità nell’accesso al trattamento pensionistico, a cominciare dai 63 anni d’età – ma in conformità con il regime contributivo in vigore.
Soprattutto nel centrosinistra l’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra riforma pensioni e conti pubblici. Non una riforma radicale o rivoluzionaria, ma piuttosto l’accesso agevolato alla pensione a coloro che, nella loro carriera, hanno svolto lavori gravosi o usuranti o lavori di cura in ambiente domestico e familiare.
Sì alla conferma di APE sociale (non solo per i subordinati ma anche per i lavoratori autonomi) e di Opzione donna, che diverrebbero strutturali. Ma all’interno della sinistra si parla spesso in questi ultimi tempi anche della possibilità di una pensione di garanzia per le nuove generazioni, che assicuri un trattamento economico dignitoso in vecchiaia – in particolare a coloro che hanno avuto carriere lavorative discontinue e precarie.
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La riforma pensioni secondo il M5S e il Terzo Polo: i punti chiave
Il MoVimento vuole impedire il ritorno all’applicazione della legge Fornero, estendendo l’area dei lavori gravosi ed usuranti e favorendo i meccanismi di uscita flessibile dal mondo del lavoro. Anche nei 5 Stelle si parla di una possibile introduzione di una pensione di garanzia per le nuove generazioni con carriere discontinue e con ‘buchi’ a livelli di versamenti contributivi. Altre proposte di questa formazione politica in campo previdenziale sono la pensione anticipata o agevolata per le mamme lavoratrici e il potenziamento delle pensioni di invalidità per i disabili.
Mentre il Terzo Polo – Azione e Italia Viva – si focalizza decisamente sulle necessità delle nuove generazioni, indicando la possibilità di introdurre regole atte a favorire i nuovi piani di previdenza complementare per le persone con meno di 35 anni di età – con la caratteristica di una minore tassazione onde favorire un montante contributivo più sostanzioso.
In conclusione, è pur vero che dette promesse dovranno però per forza rapportarsi ai temuti ‘vincoli di bilancio’ e con la necessità di usare buona parte del denaro pubblico per combattere il caro energia che grava su famiglie ed imprese.