Che fine farà Quota 100? Nel testo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, o Recovery Plan italiano, l’Esecutivo Draghi ha optato per ciò che era già nell’aria da tempo. Entro fine 2021 vi sarà l’addio a Quota 100, il pensionamento anticipato previsto a partire dal 2019 in via sperimentale per un triennio.
La mancata proroga di sicuro farà discutere a lungo, ma evidentemente i tecnici di Palazzo Chigi si sono resi conto che il meccanismo non è di fatto finanziariamente sostenibile nel medio-lungo termine. Detto pensionamento anticipato consente di uscire prima dal mondo del lavoro; guadagnandosi il diritto alla pensione se si ha un’età anagrafica minima di 62 anni e almeno 38 anni di contributi regolarmente versati.
Certo è che molti aspetti sul fronte pensioni sono ancora da decifrare: in ogni caso, una revisione strutturale dell’intero settore è da più parti attesa; e in particolar modo da Bruxelles, che si aspetta dall’Italia un drastico cambio di passo sul piano delle riforme da attuare nei prossimi mesi.
Anzi, l’UE ha già domandato espressamente all’Italia di garantire la sostenibilità del sistema previdenziale italiano nel medio periodo. In ballo ci sono più di 200 miliardi di aiuti di cui al programma Next Generation UE, suddivisi in contributi a fondo perduto e prestiti garantiti. Solo con riforme adeguate, l’Italia potrà di fatto incassarli. Ecco perchè anche e soprattutto il tema pensioni merita ora grande attenzione da parte del mondo delle istituzioni.
Quota 100 e recovery plan: ecco le ragioni della svolta
Con la fine di quota 100, sarà necessario intervenire per correggere lo scalone, che scatterà dal primo gennaio 2022. La Legge Fornero tornerà dunque ad essere operativa, con l’uscita dal mondo del lavoro a 67 anni di età.
Come appena accennato, dal prossimo gennaio 2022 ecco dunque ritornare lo scalone anagrafico il quale, dagli attuali 62 anni e 38 di contributi di Quota 100, comporterà invece 67 anni di età per la pensione di vecchiaia; e almeno 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne) per la pensione anticipata.
D’altronde sono emerse ragioni oggettive, che impediscono di portare avanti l’esperimento di Quota 100 nei prossimi anni: tra esse, il fenomeno dei baby pensionati; il debito pubblico alle stelle; e la bassissima crescita economica. Questi fattori certamente non permettono di proseguire l’esperienza di Quota 100 oltre il 31 dicembre. Ma, in verità, anche il sistema delle pensioni di anzianità a 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi per le donne) con requisito di pensionamento della sola anzianità contributiva comporta elementi di incertezza. Questi ultimi spingono a dover rivedere al più presto la normativa sulle pensioni, verso una riforma strutturale davvero radicale.
Il blocco o mancato rinnovo di Quota 100 non è stato ovviamente indolore: anzi, non poche le critiche e gli attacchi proprio in questi giorni all’interno di una compagine di Governo che, nell’argomento, non è si mostrata pienamente compatta. Ma d’altronde ciò era ben noto.
I dati Inps non fanno ben sperare: urge a breve una riforma complessiva
Come detto poco sopra, i tecnici hanno concluso che non si poteva fare diversamente: l’Inps ha chiuso lo scorso anno con un deficit di 6 miliardi in più rispetto all’anno precedente, ma comunque meno grave di quanto stimato ad ottobre 2020, quando l’Istituto stimava un “rosso” vicino ai 10 miliardi di euro. C’è da rimarcare altresì che, anche a causa degli effetti di coronavirus e restrizioni, le prestazioni previdenziali sono salite di 30 miliardi circa rispetto al 2019. Insomma, non deve stupire che il 2020 sia stato l’anno del boom delle prestazioni Inps; che sono passate dai 331 miliardi del 2019 ai 360 miliardi del 2020.
In sintesi, ciò ha condotto la spesa complessiva dei trattamenti pensionistici a incidere sul 17% del Pil italiano. Tuttavia, la spesa in materia di pensioni è destinata ad aumentare ulteriormente, nel medio-lungo periodo. Tutti questi elementi lasciano facilmente intendere quanto sia doverosa la riforma delle pensioni, anche per rispondere alle aspettative dell’Europa e per poter avere pieno accesso agli aiuti del Recovery Fund.
Dopo quota 100: che cosa succederà? Le ipotesi
Il ‘buco’ lasciato dall’addio dell’esperimento triennale di Quota 100, sarà probabilmente colmato dall’Esecutivo Draghi, anzitutto attraverso due sistemi già esistenti da tempo. Ci riferiamo all’Ape sociale e alla ulteriore proroga dell’Opzione Donna. Tuttavia, ciò potrebbe non essere sufficiente per coprire la possibile “grande finestra” che scatterebbe per tutti coloro che non potranno più servirsi di Quota 100. In buona sostanza, come sopra accennato, tutti i lavoratori e le lavoratrici vicini alla pensione dovranno fare riferimento al sistema della legge Fornero, che dispone l’uscita dal mondo del lavoro a 67 anni di età anagrafica. Fuori dall’ipotesi, le categorie incluse nell’Ape sociale o in Opzione Donna.
E d’altronde proprio il tanto discusso sistema Fornero è ben accetto dalle Istituzioni UE, le quali anche nelle raccomandazioni all’Italia in vista del varo del Recovery Fund, hanno caldeggiato il ritorno al sistema previdenziale messo nero su bianco, durante il governo Monti. Per ora, tuttavia, è conservata la possibilità di uscita anticipata dal lavoro, con 35 anni di contributi pagati e 58 anni d’età anagrafica per le donne.
Attenzione però: dal 2026 ricomincerà la progressione del requisito pensionistico correlata all’adeguamento alle speranze di vita (i cosiddetti scatti). Queste sono le regole della discussa Legge Fornero, che si applicherebbero al sistema previdenziale nei prossimi anni.
Quota 102 al posto di quota 100: come funziona?
Per oltrepassare Quota 100, senza però ‘salti nel buio’, i tecnici del Governo stanno lavorando all’attuazione dell’ipotesi Quota 102, vale a dire uno schema frutto degli studi dall’economista e presidente del Centro Studi e Ricerche “Itinerari Previdenziali” Alberto Brambilla, ex Sottosegretario al Ministero del Welfare con delega alla Previdenza Sociale.
Sgomberiamo il campo da ogni possibile dubbio: Quota 102 non sarebbe, in pratica, così differente da Quota 100. Infatti, l’utilizzo di detto meccanismo di pensione anticipata darebbe luogo all’uscita più rapida dal mondo del lavoro, con 64 anni di età anagrafica e 38 anni di contributi versati. Sarebbe diverso il requisito anagrafico, restando però identico il cumulo contributivo. A ciò si aggiungerebbero comunque gli adeguamenti alla speranza di vita.
Attenzione però ad un dettaglio non di poco conto. Per trovare un compromesso e far ‘quadrare i conti’ nel delicato settore dei trattamenti pensionistici, il rovescio della medaglia sarebbe costituito dalla necessità del ricalcolo contributivo dell’assegno pensionistico.
Quota 102 novità pensioni
Secondo le stime di Palazzo Chigi, se confrontata con Quota 100, Quota 102 permetterebbe allo Stato di risparmiare risorse finanziarie. Anzi, gli osservatori hanno fatto notare che la nuova pensione anticipata sarebbe attuabile anche con il vigente sistema previdenziale. Tuttavia, proprio il principale fautore, ossia Alberto Brambilla, ha recentemente inteso precisare che non dovrebbero neanche esserci penalizzazioni per quanto riguarda il trattamento pensionistico. Ciò in quanto “ci sono già i coefficienti di trasformazione, in base ai quali prima vai in pensione, meno prendi“.
Il meccanismo di Quota 102 diventerebbe, insomma, il ponte verso la riforma pensioni più strutturale, che comprende delicati capitoli, riguardanti ad esempio i giovani, le donne e le categorie professionali che svolgono mansioni usuranti.
Anzi il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza spinge proprio in questa direzione, legandosi allo schema dei contributi e prestiti europei: questo documento pare dunque un’occasione da cogliere al volo, per cambiare l’Italia anche sul fronte pensionistico.