Nel Consiglio dei ministri del 20 giugno 2018 è stato approvato in via definitiva il Decreto legislativo che recepisce la Direttiva 2014/50/UE del Parlamento europeo del Consiglio, del 16 aprile 2014, per quanto concerne i requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l’acquisizione e la salvaguardia di diritti relativi alla previdenza complementare.
L’approvazione definitiva arrivata dall’aula di Palazzo Chigi è frutto dalla proposta del neo Ministro per gli Affari europei, Paolo Savona, e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché Ministro dello sviluppo economico, Luigi Di Maio, i quali adeguano l’ordinamento nazionale a quello comunitario nel settore della previdenza complementare, in attuazione della legge 9 luglio 2015, n. 114 (legge di delegazione europea 2014).
Ma cosa prevede nel dettaglio il nuovo provvedimento? Quali sono gli obiettivi dello stesso? Ecco tutto quello che c’è da sapere sulla nuova previdenza complementare UE.
Previdenza complementare in ambito UE: Direttiva 2014/50/UE
È arrivato il 20 giugno scorso il via libera dal Consiglio dei ministri in merito al nuovo Decreto Legislativo che migliora la previdenza complementare dei lavoratori che si spostano in ambito UE. In sostanza, il provvedimento contempla una serie di regole per tutelare i diritti pensionistici complementare dei c.d. lavoratori in uscita; trattasi di quei lavoratori dipendenti che si spostano nell’ambito dell’Unione Europea da un paese all’altro.
Il nuovo provvedimento interviene, dunque, nel corpus normativo della disciplina delle forme pensionistiche complementari (Decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252); introducendo determinate disposizioni che intendono accrescere e migliore la mobilità dei lavoratori tra gli Stati membri e rendere maggiormente efficace ed efficiente l’acquisizione e la salvaguardia dei diritti pensionistici complementari.
Forme pensionistiche complementari: il nuovo provvedimento UE
La nuova disciplina prevede innanzitutto l’introduzione di interessanti novità circa il termine minimo di partecipazione alle forme pensionistiche complementari. Il requisito necessario per l’acquisizione del diritto è stato ridotto da 5 a 3 per quei lavoratori il cui rapporto di lavoro in corso cessa per motivi indipendenti dall’acquisizione del diritto ad una pensione complementare e che si spostino tra Stati membri dell’Unione Europea.
L’intento del governo è molto chiaro: eliminare (o quantomeno alleggerire) gli ostacoli riguardanti l’elargizione del trattamenti pensionistico complementare; per quei soggetti lavoratori che hanno avuto carriere lavorative discontinue e caratterizzate da diversi trasferimenti in paesi UE per motivi di lavoro.
Lo stesso discorso non può, invece essere fatto per i lavoratori dipendenti nazionali, cioè che hanno lavorato solo in Italia. Per questi ultimi, il termine rimane quello ordinario di 5 anni di iscrizione (requisito minimo per maturare il diritto alla rendita).
Quindi, con il nuovo provvedimento che riduce da 5 a 3 il termine di iscrizione alla previdenza complementare, consente per esempio ai lavoratori italiani che hanno interrotto il rapporto di lavoro nel territorio nazionale, di poter trasferirsi, lavorare in un altro Stato estero, e godere della rendita dopo appena 3 anni anziché 5.
Altra novità contenuto nel Decreto Legislativo approvato modifica il Decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252. Questa modifica riguarda la possibilità di poter mantenere la posizione individuale individuale maturata presso la forma pensionistica complementare. Prevede inoltre il trasferimento ad altra forma pensionistica ove vengano meno i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare; nonché gli obblighi di informazione nei confronti degli iscritti attivi con riferimento ai diritti pensionistici complementari.
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