È legittimo il c.d. coefficiente di neutralizzazione, progressivamente calante in ragione del crescere dell’età, per la quota retributiva delle pensioni di anzianità erogate dalla Cassa previdenziale dei ragionieri. Dunque non è soggetta al principio del pro rata, risultando tale coefficiente introdotto con modalità non irragionevoli nell’ambito della modifica dei sistema di accesso alla predetta pensione.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28253/2018, dichiarano legittimo il meccanismo che riparametra l’importo dell’assegno pensionistico in funzione dell’età del pensionato, stabilendo cioè che le regole per la pensione sono modificabili, seguendo comunque il principio della ragionevolezza.
Cassa previdenziale ragionieri e regole per la pensione: la vicenda
Il caso di specie riguarda una pensionata dal 2006 presso la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali. La stessa chiese la riliquidazione della prestazione, previa rideterminazione della quota “A”, in applicazione del criterio del pro rata relativo alle annualità anteriori all’1.1.2004 secondo il sistema retributivo. Tale sistema era in atto prima delle modifiche approvate dalla Cassa con la delibera 22.6.2002 e delle modifiche relative al cd. “coefficiente di neutralizzazione”.
La sentenza del Tribunale del lavoro di Reggio Emilia, sulla base dei conteggi rielaborati dalla ricorrente, condannò la cassa previdenziale a corrispondere alla ragioniera euro 23.742,23. Si trattavano di differenza sulla pensione di anzianità dal 1 gennaio 2006.
La Cassa previdenziale impugna la sentenza in Appello per le sola compensazione delle spese. La Corte d’Appello di Bologna accoglie parzialmente la richiesta della Cassa previdenziale. Ed in particolare sulla base della ritenuta illegittimità della modifica delle somme richieste con nuovi conteggi depositati dopo la prima udienza.
Per la Cassazione della sentenza ricorre la lavoratrice con due motivi.
I motivi del ricorso
La lavoratrice riteneva che la Corte ha sbagliato nel ritenere inammissibile la “emendatio libelli” effettuata dalla parte ricorrente in seguito alle difese avversarie. In particolare, la sentenza avrebbe errato nell’individuare il momento preclusivo di tale attività nella prima udienza, anziché nell’udienza di discussione.
Con il secondo motivo, invece, la lavoratrice afferma che tra i motivi d’appello fatti valere dalla Cassa non vi era il profilo della decadenza della nuova quantificazione ma, solo, questioni di merito. Ed in particolare le divergenze relative ai principi giuridici per applicare il principio del “pro rata integrale”. Pertanto, a detta della lavoratrice, la Corte d’Appello non avrebbe potuto riformare sul punto la sentenza di primo grado.
Sentenza: la decisione della Corte e il principio della ragionevolezza
I giudici della Suprema Corte respingono entrambi i motivi in quanto infondati, mentre accoglie quelli della Cassa previdenziale circa la violazione e falsa applicazione del c.d. “coefficiente di neutralizzazione”. La Corte territoriale, infatti, ha erroneamente ritenuto che il coefficiente di neutralizzazione fosse soggetto al principio ivi sancito del rispetto del c.d. “pro rata”.
In pratica, andava stabilito se i coefficienti di neutralizzazione restino anch’essi soggetti alla disciplina del pro rata, quale prevista dall’art. 3, co. 12, L. 335/1995, o se restino estranei ad essa. I coefficienti in questione sono stati introdotti con la Delibera del 7 giugno 2003. Tale Delibera, inoltre, dà anche la possibilità, dapprima esclusa, che la pensione di anzianità venisse cumulata con lo svolgimento di altre attività.
Si ricorda che tali coefficienti, senza incidere sulla quota contributiva, riducono progressivamente la misura della quota retributiva di essa, in ragione dell’età dell’interessato. La riduzione si può avere:
- fino ad un massimo del 45,9% per l’età di 57 anni;
- ad un minimo di riduzione del 7,3% per chi andasse in pensione con 64 anni di età.
Il potere delle casse previdenziali
Tale modificazione trova fondamento nel potere attribuito alle Casse privatizzate dall’art. 44, comma 7, L. 289/2002. Secondo tale norma gli enti previdenziali privatizzati possono applicare le disposizioni che consentono la cumulabilità tra pensione di anzianità e redditi da lavoro, nel rispetto dei principi di autonomia. Si tratta dunque di una previsione di legge, fisiologica nel sistema di relazioni tra legge e potere regolamentare della Cassa, di favore per l’omogeneizzazione dei sistemi pensionistici.
In definitiva, può dirsi legittimo il coefficiente di abbattimento (c.d. coefficiente di neutralizzazione), progressivamente calante in ragione del crescere dell’età, per la quota retributiva delle pensioni di anzianità erogate dalla Cassa previdenziale. Dunque non è soggetta al principio del pro rata, risultando tale coefficiente introdotto con modalità non irragionevoli nell’ambito della modifica dei sistema di accesso alla predetta pensione, reso contestualmente compatibile con la prosecuzione, nonostante il pensionamento, della medesima professione.
Pertanto le Casse hanno tutto il diritto di cambiare le regole per la pensione anche in corso; questo per tutelare da una parte i diritti dei futuri pensionandi e dall’altra preservare la stabilità dei propri conti. Il motivo è quindi quello di non mettere a rischio le pensioni di tutti i contribuenti, seguendo cioè il principio della ragionevolezza.
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