Una delle non poche questioni aperte per il Governo attiene alla complessa e delicata materia della previdenza. Non prima del 2023 vedremo il varo di una riforma pensioni strutturale e necessaria, per ammodernare il paese ma anche per contribuire a garantire l’equilibrio dei conti. Ma intanto le istituzioni hanno chiaramente indicato la strada degli interventi settoriali, ovvero su specifici aspetti dell’intricato mondo delle pensioni.
Oltre alla rivalutazione anticipata pensioni a partire dallo scorso ottobre causa perequazione – e in attesa della maxi rivalutazione del 7,3% dal primo gennaio 2023 dei trattamenti versati da Inps (così come indicato nel Dm recentemente in GU) – confermati Opzione Donna e Ape Social e previsto il via di Quota 103 a superare Quota 102 in scadenza quest’anno.
Non solo: ecco le novità in arrivo da gennaio anche per le pensioni minime. Di quanto aumentano questi trattamenti pensionistici con l’inizio del prossimo anno? Ebbene, cerchiamo di seguito di fare il punto della situazione, indicando quali sono gli aggiornamenti in fatto di rivalutazioni.
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Pensioni minime: che cosa sono in breve
La cosiddetta pensione minima, che fu introdotta nel nostro paese con la legge n. 638 del 1983, consiste nel trattamento che si ha il diritto di ricevere per poter continuare a condurre una vita dignitosa. Vero è che oggi più che mai sussistono diverse situazioni reddituali che non permettono alle famiglie di arrivare a fine mese e di far quadrare i conti del bilancio familiare. Ecco perché, in vista del 2023, è previsto un aumento della pensione al fine di toccare la quota minima fissata per legge.
Ciò in pratica significa che i titolari di una pensione di esiguo ammontare – vale a dire le persone che hanno difficoltà a gestire le varie spese – possono usufruire del trattamento previdenziale minimo, erogato dall’istituto di previdenza. La pensione minima è, in sostanza, un assegno sociale per i pensionati che ricevono importi mensili al di sotto dei limiti fissati dalla legge. Oggi i percettori delle pensioni minime hanno un reddito pensionistico lordo annuo uguale a 3.791 euro, vale a dire 291,6 euro al mese. L’assegno minimo nel 2022 è di 524,35 euro per 13 mensilità, ma è appunto in arrivo un aumento.
Non dimentichiamo infatti che l’importo del trattamento minimo Inps cambia di anno in anno, in quanto è direttamente collegato alla variazione dell’indice Istat, che combina soglia minima e costo della vita. Sintetizzando, tutti i soggetti che hanno i requisiti per la pensione, ma possono contare su una cifra inferiore al limite attuale, incasseranno dall’istituto un assegnato integrativo – proprio al fine di raggiungere la soglia minima prevista dalla pensione minima Inps.
Pensioni minime 2023, rivalutate al 120%
Salvaguardare il potere di acquisto o, quanto meno, evitarne il crollo verticale causa crisi energetica e boom dell’inflazione. Questo è uno degli obiettivi nell’agenda di Governo e, con la manovra di bilancio appena approvata, perciò non deve sorprendere la scelta di innalzare le pensioni minime.
E’ di questi giorni il varo da parte del Consiglio dei ministri della manovra economica, un testo chiave che vale in tutto circa 35 miliardi – di cui ben 21 contro il caro energia. Ciò che era già stato ampiamente annunciato dall’Esecutivo. Un altro significativo capitolo riguarda però le pensioni e la rivalutazione delle stesse rispetto all’inflazione.
La strada tracciata è chiara ed, infatti, il Governo ha deciso di dare priorità e favorire i trattamenti previdenziali più bassi e discapito di quelli più elevate. Come indicato dalla Presidente del Consiglio agli organi di informazione l’obiettivo è quello di rivalutare tutte le pensioni in base all’indicizzazione, ma con una percentuale differente rispetto all’ammontare.
In buona sostanza:
- le pensioni minime saranno rivalutate del 120%;
- le pensioni fino 2mila euro fino al 100%;
- l’aumento maggiore, in relazione all’incremento dell’inflazione, sarà per le pensioni più basse.
Quale sarà il nuovo importo delle pensioni minime 2023
Alla luce di quanto appena detto, il principio guida del Governo è chiaro: al crescere della pensione, l’aumento diminuisce. La stessa Premier Meloni ha infatti puntualizzato che per le “pensioni superiori ai 5mila euro fermiamo l’indicizzazione al 35%. È la scelta che abbiamo fatto e ce ne assumiamo la responsabilità“. Una sorta di logica redistributiva delle risorse è alla base di questa linea d’azione.
In pratica avremo una indicizzazione al 120% per le pensioni minime che saliranno a quasi 600, dai circa 524 di oggi per 13 mensilità. Dal 2023 l’ammontare sarebbe salito di 38 euro e avrebbe toccato quota 562 euro per il recupero dell’inflazione, sulla scorta del decreto firmato dal ministro dell’Economia Giorgetti (aumento del 7,3%).
Il governo ha però appunto previsto un supplementare aumento, una quota in più che condurrà le pensioni minime alla soglia dei 600 euro (indicizzazione uguale al 120% rispetto all’inflazione), con un incremento del trattamento di poco più di 40 euro al mese. In sintesi: pensioni minime 2023 a circa 570 euro.
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Quali sono le novità rispetto a Quota 103
Non solo innalzamento pensioni minime. Per quanto attiene ai meccanismi per andare in pensione, ecco infine l’introduzione di Quota 103, onde evitare il ritorno all’applicazione tout court della legge Fornero e del suo rigido ‘scalone’. Il meccanismo di pensionamento anticipato in oggetto consentirebbe di andare in pensione nel 2023 con 62 anni di età e 41 si contributi regolarmente versati. Appunto, come già Quota 102, è una soluzione ponte e temporanea per impedire il ritorno della legge Fornero da gennaio – con pensione a partire dai 67 anni di età.
Tuttavia chi sceglierà di usare questa finestra d’uscita anticipata fino a maturazione dei requisiti, non potrà incassare una pensione maggiore di 5 volte la minima – fino al raggiungimento dei 67 anni. Ma è incentivato chi intende restare a lavoro pur potendo pensionarsi: infatti sarà rifinanziato il bonus Maroni, che include una decontribuzione del 10%.
All’orizzonte vi è comunque una riforma strutturale che potrebbe portare al varo di Quota 41 e allo smantellamento effettivo della legge Fornero, ma su questo non potremo che seguire i prossimi passi del Governo e gli annunciati incontri con le parti sociali. Se ne riparlerà dunque nel 2023.