Se per i lavoratori gli stipendi non di rado non sono sufficienti a far fronte al carovita, con aumenti legati all’inflazione e un quadro di incertezza economica che preoccupa non poco, le cose non vanno meglio tra i pensionati. Secondo recenti dati pubblicati dall’istituto di previdenza, del totale dei trattamenti pensionistici erogati nel nostro paese nel corso di quest’anno – circa 17,7 milioni – il 65% (corrispondente ad oltre 11,5 milioni) ha un ammontare al di sotto dei 1.000 euro. Ma il dato cresce addirittura al 78,7% se si considerano le sole pensioni versate alle donne.
Sono i numeri indicati dall’Osservatorio Inps – che tuttavia esclude le pensioni degli impiegati pubblici. Ma non c’è soltanto questo: sempre secondo i dati dell’istituto, il 21,2% delle pensioni nel complesso è al di sotto dei 500 euro, dato che cresce al 23,2% per le donne.
Chiaramente si tratta di importi che non possono costituire un ‘salvagente’ sicuro in un periodo che, come sappiamo, registra da mesi gli aumenti dei prezzi dei beni di prima necessità. Tuttavia all’orizzonte pare finalmente profilarsi l’attuazione concreta della programmata maggiorazione a 600 euro delle pensioni minime. Non i mille euro di reddito pensionistico promessi nella scorsa campagna elettorale a tutti i percettori di trattamento minimo, ma almeno un passo in avanti verso trattamenti più adeguati alla tutela del potere di acquisto delle famiglie. Ecco allora che cosa potrebbe cambiare dal prossimo luglio. I dettagli.
Pensioni minime, aumento da luglio 2023: ecco per chi
Come appena accennato, siamo ormai vicini ad una maggiorazione a 600 euro degli assegni previdenziali minimi che, finalmente, dovrebbe scattare tra qualche settimana – dopo diversi rinvii a causa di problemi di ordine tecnico e pratico. La novità era ed è prevista nell’ultima manovra e mira ovviamente a garantire un maggior sostegno economico a chi non ha conseguito i requisiti previdenziali per trattamenti di ammontare più consistente.
In particolare nella legge di bilancio 2023 si prevede uno stanziamento per quest’anno pari a 480 milioni di euro, ma quanto incluso nel testo ha spinto l’Inps a intervenire in varie circostanze con correttivi e chiarimenti, che hanno avuto come risultato il posticipo dell’incremento delle somme incassate dagli aventi diritto. Di riferimento è comunque l’esaustiva circolare n. 35 dell’istituto, risalente al 3 aprile scorso.
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In particolare, nella manovra l’esecutivo ha fissato un aumento del 6,4% di queste pensioni insieme alla rivalutazione delle somme all’inflazione, ma esclusivamente per chi incassa la pensione minima e ha più di 75 anni. Soltanto questi soggetti dunque ne beneficeranno. L’importo è stato ri-quantificato sulla scorta del caro-vita a 563,74 euro mensili, ammontare che arriverà – come accennato – ad un totale di 600 euro ma solo per questa categoria di pensionati. Il calcolo esposto da Inps nella circolare citata è il seguente: 563,74 + 36,08 = 599,82 euro.
In termini pratici, siamo innanzi ad un aumento di più di 36 euro, molto al di sopra dei circa 8 euro in più riconosciuto al consistente resto della platea che incassa il trattamento pensionistico minimo. Per questi ultimi, non over 75, l’incremento mensile del trattamento minimo sarà dell’1,50% (563,74 + 8,46 = 572,20 euro) – spiega sempre l’Inps.
La circolare INPS che segnala l’aumento delle pensioni minime
Con una circolare ad hoc, la citata n. 35 del 3 aprile scorso, l’Inps ha dato dunque le istruzioni contabili, di calcolo e di versamento in tema di aumento delle pensioni uguali o al di sotto del trattamento minimo, riconosciuto dal primo gennaio 2023 e fino a dicembre del prossimo anno, compresa la tredicesima. Il riferimento per il calcolo di quanto spetta al pensionato è costituito dall’ammontare della pensione lorda complessiva per ogni mensilità, inclusa la tredicesima ed in particolare la circolare precisa che:
Il citato importo lordo afferisce ai trattamenti di natura previdenziale, assoggettabili a IRPEF, memorizzati nel Casellario Centrale delle Pensioni, erogati da Enti diversi dall’INPS per i quali è indicata l’assoggettabilità al regime della perequazione cumulata, o erogati dall’INPS. Sono escluse dalla base di calcolo, per la determinazione dell’incremento, le prestazioni fiscalmente non imponibili (a titolo esemplificativo, le somme corrisposte a titolo di maggiorazione sociale, la somma aggiuntiva c.d. quattordicesima mensilità, l’importo aggiuntivo della pensione), le prestazioni di carattere assistenziale, le prestazioni a carattere facoltativo e le prestazioni di accompagnamento a pensione.
Inoltre Inps ha sottolineato che, se nel corso di quest’anno il beneficiario compie 75 anni, l’aumento è adeguato dal mese posteriore.
Alcune precisazioni sui pagamenti
L’ammontare spettante a titolo di aumento di cui all’ultima legge di bilancio – spiega inoltre la circolare – sarà versato con la stessa cadenza di pagamento della pensione (mensile, semestrale o annuale). Detto ammontare sarà comunque evidenziato sul cedolino di dettaglio del pagamento con voce ad hoc. E, con il primo pagamento saranno corrisposti anche gli arretrati spettanti dal primo gennaio di quest’anno o dalla decorrenza della pensione, se posteriore.
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Il primo assegno incrementato sarà particolarmente alto: l’Inps, infatti, ha disposto di pagare anche gli arretrati, vale a dire gli aumenti valevoli da gennaio in avanti, nel primo pagamento. A luglio, dunque , tutti i pensionati con l’assegno minimo (in particolare quelli con più di 75 anni) dovrebbero conseguire un assegno particolarmente consistente.
Dal 2024 la legge fissa altresì il venir meno dei limiti d’età e l’incremento delle pensioni minime del 2,7%, con un finanziamento in programma pari a 379 milioni di euro. Per maggiori informazioni a riguardo, rinviamo comunque al testo completo della circolare Inps suddetta. Ed in ogni caso, Inps si riserva di dare ulteriori istruzioni operative, con messaggio ad hoc, proprio in merito all’applicazione di questa novità.