La normativa italiana consente di sommare alla pensione erogata dalla previdenza obbligatoria un importo supplementare (cosiddetta pensione integrativa o complementare) volto sostanzialmente a garantire, soprattutto alle nuove generazioni, un trattamento pensionistico il più possibile simile a quanto percepito dal dipendente nel corso della vita lavorativa.
A tal proposito si parla di “pensione integrativa” per indicare tutte quelle prestazioni erogate sotto forma di rendita e / o capitale una volta raggiunto il traguardo del pensionamento.
La pensione integrativa (al pari di quella obbligatoria) si forma grazie al versamento delle quote di TFR maturate nei singoli periodi di paga, cui possono aggiungersi contributi a carico dell’azienda e / o del dipendente.
In questo modo, il Trattamento di Fine Rapporto anziché restare in azienda ed essere corrisposto alla cessazione del rapporto, è investito a cura dei fondi di previdenza complementare, secondo la disciplina del Decreto Legislativo del 5 dicembre 2005 numero 252.
Esistono sostanzialmente tre tipologie di fondi cui il lavoratore può scegliere di aderire, formando così la propria pensione integrativa:
- Fondi pensione aperti, istituiti da banche, assicurazioni, società di gestione del risparmio (SGR), società di intermediazione mobiliare (SIM), la cui adesione è aperta a tutti (possono essere individuali o collettivi, governati in tal caso da accordi o regolamenti aziendali);
- Piani individuali pensionistici (PIP), istituiti da compagnie assicurative, destinati a qualsiasi soggetto con adesione esclusivamente individuale, realizzati attraverso contratti assicurativi di ramo I (assicurazioni sulla vita), di ramo III (polizze di tipo unit linked), combinazione di ramo I e III;
- Fondi pensione negoziali trovano la propria regolamentazione in accordi o contratti collettivi, destinati pertanto a determinate categorie di lavoratori.
Analizziamo ora in dettaglio come aderire alla pensione integrativa e quali prestazioni garantisce.
Pensione integrativa: come aderire
L’adesione al fondo di previdenza complementare, necessaria per iniziare a maturare la futura pensione integrativa, può avvenire:
- All’atto dell’assunzione;
- Nel corso del rapporto di lavoro.
In entrambi i casi, la scelta se:
- Mantenere il TFR “in azienda”, per riceverlo all’atto della cessazione del rapporto;
- O, viceversa, conferirlo ad un fondo di previdenza complementare;
è espressa attraverso la compilazione del modello cosiddetto “TFR2”.
Il documento, da compilare, datare e firmare a cura dell’interessato, dev’essere consegnato al datore di lavoro. In caso di assunzione il termine per la trasmissione è sei mesi dall’inizio del rapporto.
Oltre al modello TFR2 il lavoratore dovrà altresì inviare il modulo di adesione al fondo, in base a quanto previsto dallo statuto / regolamento interno.
Pensione integrativa, come si forma e quanto versare
Una volta comunicata al datore di lavoro la scelta di versare il TFR al fondo di previdenza e perfezionatasi l’adesione allo stesso, inizia la fase di formazione della pensione integrativa. Come?
Il TFR del periodo (mese di paga) in corso al momento della scelta, anziché essere mantenuto in azienda, è versato dal datore di lavoro al fondo di previdenza.
Quanto versare nella pensione complementare? Su quest’aspetto è bene precisare che:
- In caso di adesione alle forme di previdenza complementare individuali l’interessato è libero di versare il TFR in misura integrale o di non versare alcuna quota;
- Per le forme di previdenza collettive, al contrario, sono gli accordi istitutivi stessi a definire la percentuale minima, nel rispetto delle condizioni di seguito indicate:
Iscrizione alla previdenza obbligatoria | Situazione individuale | % di TFR da trasferire al fondo |
Dal 29 aprile 1993 | / | Nella percentuale prevista dagli accordi collettivi ovvero, in assenza di disposizioni, il 100% |
Prima del 29 aprile 1993 | Per i soggetti che al 1° gennaio 2007 erano già iscritti ad una forma pensionistica complementare | Quota già versata in precedenza, tenendo in azienda la quota residua di TFR (fatta salva la possibilità di incrementare il TFR alla previdenza complementare) |
Soggetti che al 1° gennaio 2007 non erano iscritti ad una forma pensionistica complementare | Percentuale prevista dai contratti / accordi collettivi ovvero, in assenza di disposizioni, in misura non inferiore al 50% (fatta salva la possibilità di incrementare il TFR alla previdenza complementare) |
Pensione complementare, come versa le quote l’azienda
La quota di TFR del singolo periodo di paga (di norma coincidente con il mese) è accreditata con bonifico bancario (addebitato alla società – datore di lavoro) direttamente in favore del fondo di previdenza.
Di norma, il versamento delle spettanze è accompagnato dal caricamento sul portale telematico del fondo di una distinta di contribuzione, con i seguenti dati:
- Cognome, nome, codice fiscale dell’aderente;
- Periodo di competenza del TFR e delle eventuali quote aggiuntive versate;
- Ammontare di TFR e quote aggiuntive.
A seconda delle disposizioni interne, i riferimenti restituiti dal sistema a seguito del caricamento della distinta devono essere indicati nella causale del bonifico.
Cosa accade dopo che l’azienda ha versato il TFR
Il fondo di previdenza, una volta ricevuto il bonifico bancario con le quote di TFR relative ad ogni singolo aderente, provvede ad investire le somme che diventano in questo modo una componente della posizione individuale.
In sede di adesione, è possibile scegliere tra i seguenti comparti di investimento:
- Obbligazionario (con prevalenza di titoli rappresentati da obbligazioni);
- Azionario (con prevalenza di azioni);
- Misto (con un bilanciamento tra azioni ed obbligazioni);
- Garantito (caratterizzato dalla certezza di vedersi restituito il capitale investito e, a seconda del fondo, anche un rendimento minimo).
Cosa si può versare oltre al TFR
La posizione individuale presso il fondo di previdenza per il raggiungimento della pensione integrativa può essere alimentata da quote aggiuntive trattenute al dipendente e / o a carico del datore di lavoro.
I fondi collettivi prevedono di norma una quota minima aggiuntiva corrisposta dall’azienda cui può sommarsene una trattenuta al dipendente. E’ possibile, altresì, che all’aliquota minima se ne aggiunga una volontaria scelta dall’aderente.
Pensione integrativa, quando si può chiedere
Il diritto alla pensione integrativa (rendita) scatta in presenza dei seguenti requisiti:
- Aver maturato i requisiti di accesso fissati dal regime obbligatorio di appartenenza;
- Vantare almeno cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, periodo ridotto a tre anni per il “lavoratore il cui rapporto di lavoro in corso cessa per motivi indipendenti dal fatto che lo stesso acquisisca il diritto a una pensione complementare e che si sposta tra Stati membri dell’Unione europea” ai sensi dell’articolo 11 comma 2 del Decreto Legislativo numero 252).
Come viene pagata la pensione integrativa
A seconda di quanto previsto dai singoli fondi, l’aderente ha la possibilità di ricevere la pensione integrativa in base alle modalità di seguito descritte:
Modalità | Condizioni | Ripartizione |
In rendita ed in capitale | Massimo 50% sotto forma di capitale | 50% rendita e 50% capitale |
In rendita vitalizia periodica (pensione integrativa) | / | 100% rendita |
In capitale | A patto che la rendita, ottenuta grazie alla conversione del 70% del montante finale, risulti inferiore al 50% dell’assegno sociale erogato dall’INPS | 100% capitale |
Dal punto di vista fiscale, le prestazioni pensionistiche erogate in forma di capitale o di rendita sono soggette ad una ritenuta a titolo d’imposta con aliquota del 15%, ridotta dello 0,3% per ogni anno di partecipazione alla previdenza complementare oltre il quindicesimo anno, con un limite massimo di riduzione pari a 6 punti percentuali (articolo 11 comma 6 del Decreto Legislativo numero 252/2005)
Fanno eccezione i capitali maturati ante 1° gennaio 2007. In tal caso la quota maturata sino al 31 dicembre 2006 è soggetta alla disciplina tracciata dal Decreto Legislativo numero 47/2000, la quale prevede l’assoggettamento all’imposta IRPEF dell’ammontare imponibile, secondo il regime della tassazione separata per le prestazioni in capitale.
Come e quando si possono ottenere anticipazioni
Nella fase di accumulo del capitale (articolo 11 commi 7-9 del D.Lgs. numero 252/2005) è possibile chiedere anticipazioni per i seguenti motivi e nel rispetto di determinati limiti:
Quando | Motivi | Quota massima anticipabile |
Sempre | Spese sanitarie a seguito di gravissime situazioni relative all’interessato, al coniuge ed ai figli per terapie ed interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche | 75% |
Almeno 8 anni di iscrizione al fondo pensionistico | Acquisto prima casa di abitazione per sé o per i figli ovvero realizzazione di interventi di manutenzione, restauro, ristrutturazione della prima casa di abitazione | 75% |
Almeno 8 anni di iscrizione al fondo pensionistico | Ulteriori esigenze degli aderenti | 30% |
In ogni caso, le somme percepite a titolo di anticipazione non possono mai eccedere, complessivamente il 75% del totale dei versamenti
“comprese le quote del TFR, maggiorati delle plusvalenze tempo per tempo realizzate, effettuati alle forme pensionistiche complementari a decorrere dal primo momento di iscrizione alle predette forme” (articolo 11 comma 8).
Come matura l’anzianità?
Come chiarito dall’articolo 11 comma 9 del Decreto numero 252 ai fini della maturazione dell’anzianità necessaria per ottenere le anticipazioni e le prestazioni pensionistiche, si considerano utili tutti i periodi di partecipazione al fondo maturati dall’aderente
“per i quali lo stesso non abbia esercitato il riscatto totale della posizione individuale”.
Quali sono i vantaggi fiscali?
Per il singolo aderente i contributi versati ad una pensione complementare sono deducibili dal reddito complessivo per un ammontare annuo non superiore a 5.164,57 euro. Limite, quest’ultimo, che tiene conto dei contributi a carico del datore di lavoro ma non del TFR versato.
Lato datore di lavoro, i contributi (tanto quelli volontari quanto quelli derivanti dagli obblighi imposti da contratti o accordi collettivi anche aziendali) sono integralmente deducibili dal reddito di impresa.
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