Non spetta la pensione di reversibilità al coniuge divorziato qualora l’ex coniuge ha accettato, in sede di divorzio, di ricevere l’assegno divorzile in unica soluzione. Infatti, la titolarità dell’assegno deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno divorzile, al momento della morte dell’ex coniuge; e non come titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile che è stato in precedenza soddisfatto con la corresponsione in un’unica soluzione.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 22434/2018, che definiscono il contrasto giurisprudenziale in tema di presupposti per il riconoscimento in capo al coniuge divorziato a percepire una quota della pensione di reversibilità dell’ex coniuge.
Pensione di reversibilità e assegno divorzile: il caso
Il caso riguarda la richiesta di percezione di una quota della pensione di reversibilità dell’ex coniuge. Sia in primo che secondo grado i giudici respingono la domanda, ritenendo ostativa la circostanza dell’avvenuto percepimento in unica soluzione dell’assegno divorzile.
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Al riguardo, si ricorda che la legge riconosce al coniuge divorziato, spetta il concorso sulla pensione di reversibilità, tenendo conto della durata del matrimonio.
Sul punto, la Corte di Appello ha ritenuto che il requisito della titolarità dell’assegno deve essere attuale e cioè che al momento del sorgere del diritto alla pensione di reversibilità deve essere in atto una prestazione periodica in favore dell’ex coniuge.
La richiedente ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Messina e ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di cinque motivi con i quali ha dedotto:
- la violazione degli articoli 5, 9 e 9-bis della legge n. 898/1970 per avere disatteso la natura previdenziale del suo diritto a una quota della pensione di reversibilità;
- e ha eccepito l’incostituzionalità dell’art. 9 della legge n. 898/1970.
Ricorso pensione di reversibilità al coniuge divorziato: la sentenza
La Suprema Corte delle Sezioni Unite dichiara il ricorso inammissibile. Gli Ermellini si basano sul presupposto secondo il quale la pensione di reversibilità non è dovuta se dopo il divorzio l’ex coniuge ha accettato l’erogazione una tantum. Unico modo per avere anche la pensione di reversibilità è quella di ricevere l’assegno divorzile mensilmente.
Infatti, ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la titolarità dell’assegno deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno divorzile, al momento della morte dell’ex coniuge, e non già come titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile che precedentemente corrisposto in un’unica soluzione.
Ex coniuge: quando spetta la pensione di reversibilità?
Ma quali sono quindi i casi nei quali spetta le pensione di reversibilità all’ex coniuge? La giurisprudenza durante gli anni ha consolidato il suo orientamento sul tema, ritenendo possibile l’erogazione della pensione di reversibilità qualora:
- l’ex coniuge non si è risposato;
- il giudice non ha riconosciuto all’ex coniuge un assegno divorzile;
- l’assegno divorzile era mensile;
- il rapporto di lavoro con cui il defunto ha maturato il diritto alla pensione deve iniziare prima della sentenza di divorzio.