Proprio negli ultimi giorni è stato firmato il cosiddetto “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”, avente la finalità di potenziare tutto l’apparato della Pubblica amministrazione. In base alle ultime notizie, sta prendendo piede l’ipotesi di uno “scivolo”, per conseguire la pensione anticipata da parte dei dipendenti della PA soprannominato dalla stampa “Scivolo Brunetta”.
Non solo: alcune delle novità maggiormente degne di nota, riguardanti l’accordo tra parti sociali ed Esecutivo Draghi hanno a che fare con l’individuazione di regole più puntuali e di dettaglio in tema di smart working, che va disciplinato per via contrattuale; il rinnovo del contratto, con un incremento pari a 107 euro in busta paga per il pubblico impiego; e – come accennato – la pensione anticipata ed incentivata per i dipendenti statali e per tutti quelli della PA. Di seguito, vediamo più da vicino proprio quest’ultima novità.
Pensione anticipata nella PA: l’ipotesi scivolo si fa sempre più concreta
Ci si domanda ciò che succederà dopo l’addio a quota 100, a partire da inizio 2022. Ebbene, il citato “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”, che dispone il compromesso fra governo e parti sociali per modernizzare e migliorare i servizi della PA, attraverso la semplificazione degli iter amministrativi e un nuovo maxi-investimento nel capitale umano, avrà come punto centrale anche la pensione anticipata nel pubblico impiego.
Si tratta di dettagliare un vero e proprio piano per la pensione anticipata che favorisca il ricambio generazionale. La necessità di attuarlo pare ormai non più rinviabile, anche in considerazione del fatto che il prossimo anno, per la prima volta nella storia della pubblico impiego, si stima che ci saranno più pensionati ex dipendenti pubblici – ossia circa 3 milioni – che dipendenti pubblici attivi. Un dato assai significativo, e che fa riflettere.
Ecco perchè, appare del tutto condivisibile l’obiettivo di facilitare l’ingresso nella pubblica amministrazione di lavoratori giovani, al posto dei dipendenti ormai prossimi o vicini alla pensione. Si fa largo dunque l’ipotesi scivolo incentivato, così come delineato – per linee generali – da Renato Brunetta, ministro per la PA del Governo Draghi.
Pensione a 62 anni come pilastro della riforma del pubblico impiego
Il progetto è dunque quello di favorire l’uscita dal mondo del lavoro da parte dei dipendenti pubblici, che potrebbero andare in pensione a 62 anni. Ciò è da considerarsi un pilastro della riforma della PA, concepita dal ministro Brunetta, insieme a fattori come la progressiva digitalizzazione; lo snellimento delle procedure burocratiche e una migliore e sempre più aggiornata formazione del capitale umano impiegato in ufficio.
In buona sostanza, secondo l’ipotesi lanciata da Brunetta, i dipendenti pubblici potrebbero lasciare il lavoro e andare in pensione a 62 anni. Non deve assolutamente stupire questo disegno, giacchè l’età media dei dipendenti pubblici è un record tutto italiano. Essa è infatti pari a 53,5 anni, in un contesto in cui milioni di giovani sono disoccupati o hanno perso il lavoro causa pandemia. Urge insomma favorire il turnover tra generazioni.
Si sta lavorando alla possibilità di mettere in atto un meccanismo volontario di incentivi all’esodo, destinato a tutti i lavoratori del settore pubblico, ormai prossimi all’età pensionabile. Non soltanto: per favorire il ricorso alla pensione anticipata, andrebbero incentivati anche i lavoratori del pubblico impiego con professionalità non più in linea con il nuovo modello di amministrazione statale e locale, più snella; tecnologica e, ove possibile, sburocratizzata.
Incentivo all’esodo: in che modo?
In effetti, se è vero che è necessario un un ricambio generazionale di grande impatto, è altrettanto vero che dovranno essere individuate tutte concrete modalità attuative per il pensionamento anticipato, magari proprio a 62 anni. Tuttavia, al momento Brunetta ha evidenziato l’importanza dell’incentivo, ma non ha ancora specificato come di fatto concretizzarlo.
In vista del termine di quota 100 il 31 dicembre 2021, l’Esecutivo dovrà considerare una riforma complessiva del sistema pensionistico, che consenta di evitare il temuto scalone con i requisiti di vecchiaia (67 anni di età). In questi giorni, circola l’ipotesi di conservare il requisito anagrafico di quota 100, ossia i 62 anni, ma introducendo una penalizzazione nell’assegno mensile. Infatti, sarebbe impensabile favorire la pensione anticipata nel pubblico impiego, senza soldi sufficienti per le coperture.
Pensione anticipata solo con il sistema contributivo
In considerazione dell’altissimo debito pubblico che c’è in Italia, occorre rivedere il sistema pensionistico ma con numerosi ‘tagli‘. Occorre mettere in atto, dunque, un adeguato meccanismo di ‘contrappesi’ tra entrate ed uscite.
Per questo motivo si fa sempre più largo l’idea di concedere il prepensionamento nel pubblico impiego a 62 anni; ma vedendosi attribuire un assegno mensile, calcolato con il mero sistema contributivo (come per l’opzione donna). E’ ben noto che l’adozione di quest’ultimo per il pensionato, sarebbe assai meno remunerativa del sistema attuale, che in molti casi è ‘misto’ e comporta il calcolo della pensione col sistema retributivo soltanto per gli anni di contributi pagati prima del 1996.
Scivolo Brunetta: uscita incentivata per la pensione a 62 anni
Non è finita qui, giacchè il ministro Brunetta starebbe articolando anche una ulteriore ipotesi. Ossia la possibilità di uno “scivolo” per andare in pensione a 62 anni, tramite un incentivo volontario all’esodo. Il piano in questione dovrebbe trovare l’appoggio finanziario delle risorse per il Recovery Plan.
Ecco perchè appare essenziale farsi trovare pronti a Bruxelles con un piano nazionale di riforme dettagliato ed attuabile nel breve termine. Ed in detto piano grande spazio deve avere anche la revisione del sistema pensionistico del pubblico impiego.
In dette circostanze, non sarebbero in gioco penalizzazioni di alcun tipo ed, anzi, la pensione sarebbe quantificata con le regole attuali. Pare però già certo che in questo sistema non sarebbero inclusi tutti i lavoratori del pubblico impiego. Sarebbero infatti comprese soltanto alcune categorie meritevoli e figure esposte più di altre a problemi di salute e sicurezza elevati (ad es. il personale scolastico). Ecco perchè il loro operato deve essere considerato tra i lavori gravosi e tutelato con un meccanismo di pensionamento più agevole e flessibile.