Riforma pensioni, età pensionabile da abbassare: in queste settimane di intensa attività per la squadra di Governo e per i singoli Ministeri, non mancano di certo le questioni in agenda. Oltre al problema della disoccupazione; dei licenziamenti e a quello rappresentato dalla gestione della campagna vaccinale – con l’affacciarsi della variante indiana del coronavirus in Italia – anche il ricorrente tema della riforma pensioni tiene banco in vista del 2022.
Infatti dal prossimo anno – come è noto – sarà abbandonato il meccanismo di Quota 100, vale a dire quella misura sperimentale che permette l’uscita anticipata dal mondo del lavoro per chi ha almeno 38 anni di contributi con un’età anagrafica minima di 62 anni. Dal primo gennaio 2022, salvo una riforma pensioni strutturale e pur auspicata, sarà ripristinata la discussa legge Fornero che comporta l’uscita da lavoro a 67 anni. In sostanza, non si sfuggirebbe ad un aumento dell’età pensionabile, che ovviamente non piace a molti.
Nonostante ciò, vi è chi sostiene che l’età pensionabile non deve essere alzata, bensì abbassata. E lo fa esponendone le ragioni. Quali sono? Perchè converrebbe diminuire l’età pensionabile e dunque non ritornare al meccanismo della legge varata all’epoca del Governo Monti? Scopriamolo di seguito.
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Età pensionabile: permane l’incertezza e la divisione in linee di pensiero
Se è vero che non pochi sostengono che l’unica via è quella di alzare l’età pensionabile, è altrettanto vero che c’è chi la pensa diversamente. Infatti vi è chi ritiene che la riforma pensioni dovrebbe invece diminuire l’età pensionabile. Proprio i sindacati sono molto attivi su questo punto; nel tutelare i diritti dei lavoratori, chiedono infatti di partire da un pensionamento all’età di 62 anni o in alternativa con 41 anni di contributi regolarmente versati. Questi in sintesi i contenuti della proposta presentata al Ministro del Lavoro Andrea Orlando.
Ma gli esperti in materia pensionistica continuano ad essere spaccati: da un lato c’è chi è convinto che dette misure non siano sostenibili dallo Stato, dal punto di vista finanziario. Ma peserebbero anche le indicazioni provenienti da Bruxelles, che hanno raccomandato al Governo di dare attuazione integrale alla riforma Fornero. Dall’altro c’è la linea di pensiero che ritiene che nel paese vi siano invece le condizioni oggettive per diminuire l’età pensionabile.
Il Pension Adequacy Report 2021 smonta una credenza tutta italiana
A ben vedere, non sembra corretto affermare che in Italia si va prima in pensione rispetto al resto del continente europeo. Infatti, l’ultimo Report elaborato dalla Commissione europea evidenzia quali sono i meccanismi delle pensioni nei vari Stati membri dell’Unione. E dal confronti dei sistemi, emerge che non è vero che nel nostro paese si esce prima dal mondo del lavoro.
Il report della Commissione europea – Pension Adequacy Report 2021 – pertanto dimostrerebbe che le pensioni non arrivano anteriormente in Italia, rispetto al resto d’Europa. Anzi, il nostro paese è uno dei paesi con l’età pensionabile più alta in tutta Europa. E’ sufficiente esporre i seguenti numeri per capirlo:
- 67 anni in Italia;
- 66 anni e 2 mesi in Francia;
- 65 anni e 9 mesi in Germania;
- 65 anni in Austria, Belgio e Polonia;
- 62-68 in Svezia (pensionamento ‘elastico’).
Il citato documento della Commissione UE è interessante perchè appunto propone un confronto di esperienze diverse. Tramite esso, si può altresì notare che in Francia e Germania, in cui l’età pensionabile è comunque inferiore rispetto all’Italia, vi sono misure strutturali, le quali – in particolari circostanze – permettono di andare in pensione rispettivamente a 62 anni e a 63 anni e 10 mesi.
In Italia la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro è assai relativa: ecco perchè
Il Report della Commissione è interessante anche sotto un altro punto di vista. Infatti, con questo documento è smentita di fatto la ‘marcata elasticità’ per quanto attiene all’accesso anticipato alla pensione nel nostro paese. Non è vero insomma che gli ultra-sessantenni italiani vanno in pensione molto prima rispetto all’ordinario.
Nonostante Quota 100, gli italiani nel 2019 sono andati in pensione in media all’età anagrafica di 65,8 anni per gli uomini; 64,1 per le donne. I dati del Report indicano altresì che in altre zone d’Europa c’è chi ci va ancor prima:
- Svezia: 65,6 gli uomini, 64,5 le donne;
- Danimarca: 65 anni gli uomini, 64,1 le donne;
- Germania: 64,7 uomini, 64,5 le donne;
- Francia: 62,3 gli uomini, 62,2 le donne.
Ecco perchè potrebbe rafforzarsi la linea di pensiero per cui, con la riforma delle pensioni, allinearsi agli altri Paesi UE, significherebbe abbassare l’età pensionabile, non alzarla.
Riforma pensioni, età pensionabile da abbassare: i perchè
Alla luce di questi dati offerti dalle Istituzioni UE, una riforma pensioni che contempli l’abbassamento dell’età pensionabile, non è dunque ipotesi così azzardata. Inoltre, in Italia negli ultimi tempi è emerso un problema di difficilissima soluzione. Ci riferiamo all’aumento di disoccupati nella fascia di età 50-64 anni. In una decina d’anni questo dato è diventato quasi quattro volte superiore (dalle 128.000 unità del 2007 alle 539.000 del 2018).
Boom di disoccupati over 50
Venendo alle percentuali – secondo i più recenti dati in possesso – nel nostro paese abbiamo un tasso di disoccupazione in detta fascia di età corrispondente al 6%. Si tratta di una percentuale nient’affatto vicina al 2,5% della Germania, per fare un rapido confronto. Ma non si tratta soltanto di freddi numeri: infatti, in questa percentuale sono raccolte persone in età non più giovane; senza prospettive e un’occupazione che generi reddito per sè e per la famiglia. Se è vero che per questi soggetti la pensione è ancora lontana nel tempo, ecco una valida ragione per abbassare l’età pensionabile.
Riduzione della speranza di vita
Oltre a questa ragione, vi è un altro argomento che gioca a favore dell’abbassamento dell’età pensionabile. Potrebbe stupire più di qualcuno, ma nell’ultimo periodo in Italia è calata la durata del periodo di pensionamento; vale a dire le speranze di vita in buono stato di salute, una volta usciti dal mondo del lavoro. Si tratta di una diminuzione considerevole, pari a più di quattro anni negli ultimi dieci. E a ciò non può non aggiungersi il quadro di ripercussioni, a livello sanitario, legate alla pandemia.
E c’è un ulteriore fattore che gioca a favore dell’abbassamento dell’età pensionabile, che si lega a quanto appena esposto. Infatti, oggi le aspettative di vita a 65 anni sono molto basse, in particolare per i soggetti che fanno parte delle categorie più svantaggiate. Ecco perchè i sostenitori della linea dell’abbassamento dell’età pensionabile sostengono che le regole previdenziali italiane vanno a discapito delle persone con condizioni di lavoro e di vita meno favorevoli. Quasi a voler fare due pesi e due misure, insomma.
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Riforma pensioni: quali prospettive?
E’ chiaro che l’auspicata riforma pensioni, che molti vorrebbero annunciata entro breve tempo, deve legarsi agli obiettivi di cui al PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma ciò non impedirebbe di rendere un po’ più ‘soft’ le condizioni di accesso al pensionamento. In altre parole, un eventuale abbassamento dell’età pensionabile non darebbe luogo ad un trattamento di maggior favore, se consideriamo gli altri sistemi previdenziali europei.
Concludendo, la questione di fondo è invero la quantità di risorse economiche utilizzabili in questa direzione. Si tratta dunque di temi complessi, che sicuramente saranno attentamente vagliati dal Ministero del Lavoro nelle prossime settimane e mesi. La riforma pensioni resta infatti esigenza sentita.