Le pensioni minime in Italia, nel 2025, vedranno un lieve incremento che ha l’obiettivo di contrastare gli effetti dell’inflazione e proteggere il potere d’acquisto dei pensionati più vulnerabili. Questo aumento ci sarà per effetto della rivalutazione del 2,2%, che porta il trattamento minimo dagli attuali 614,77 euro a circa 617 euro. Secondo alcune fonti, però, l’incremento potrebbe arrivare anche al 2,7%, consentendo di toccare i 620,92 euro mensili, grazie alla combinazione tra adeguamento all’inflazione (1%) e il rinnovo dell’aumento già applicato nel 2024. Complessivamente, la rivalutazione dei trattamenti minimi per 1,8 milioni di pensionati avrà un impatto sulle casse dello Stato tra i 213 e i 284 milioni di euro, a seconda dei criteri definitivi che verranno adottati.
La Manovra 2025 in discussione in Parlamento include invece una serie di misure per agevolare l’uscita anticipata dal lavoro, confermando gli strumenti già in vigore, come Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale, pur mantenendo le restrizioni applicate nel 2024. Ad esempio, Quota 103 resta accessibile solo in presenza di un assegno calcolato interamente con il sistema contributivo e limitato a quattro volte il trattamento minimo fino al raggiungimento dell’età di vecchiaia. Prorogati anche gli incentivi per chi sceglie di continuare a lavorare pur avendo raggiunto i requisiti per il pensionamento anticipato, con la possibilità di ottenere in busta paga la quota dei contributi a carico del dipendente, pari al 9,19%.
Un incremento tra il 2,2% e il 2,7% per le pensioni minime
Il trattamento minimo mensile delle pensioni aumenterà, nel 2025, del 2,2%, passando da 614,77 euro a circa 617 euro, per garantire ai pensionati di mantenere un potere d’acquisto stabile nonostante l’inflazione. Tuttavia, alcune fonti riportano un possibile rialzo fino al 2,7%, che porterebbe l’importo minimo a 620,92 euro, considerando l’inflazione (1%) e il rinnovo della rivalutazione del 2024. Questo lieve incremento si tradurrà in un aumento mensile tra i 3 e i 16 euro a favore di oltre 1,8 milioni di pensionati. Senza l’aumento straordinario, l’importo minimo sarebbe sceso a circa 604 euro, come conseguenza dell’inflazione in assenza della maggiorazione.
Il costo stimato della rivalutazione delle pensioni minime, applicato in base ai nuovi parametri, peserà tra i 213 e i 284 milioni di euro per il bilancio statale. L’importo specifico per ciascun pensionato dipenderà dagli eventuali ritocchi all’ultima bozza della manovra, che sarà discussa in Parlamento.
Rivalutazione piena per le altre pensioni
A partire dal 2025, la rivalutazione annuale delle pensioni tornerà a essere piena, abbandonando il sistema a sei fasce che negli ultimi due anni ha previsto percentuali decrescenti all’aumentare dell’assegno pensionistico.
La rivalutazione delle pensioni riprenderà a seguire il modello previsto dalla legge n. 388/2000, con rivalutazioni al 100% per le pensioni fino a quattro volte il minimo, al 90% per quelle fino a cinque volte e al 75% per assegni superiori a sei volte il minimo.
Questo ritorno al vecchio sistema è stato voluto per evitare tagli penalizzanti per chi percepisce pensioni di entità superiore e garantire una maggiore protezione dal caro vita, soprattutto per i redditi più bassi.
Uso dei fondi integrativi per raggiungere il pensionamento
Un’altra novità riguarda la possibilità, introdotta nella manovra, di utilizzare fondi integrativi alimentati dal TFR per consentire il pensionamento a chi non raggiunge l’importo dell’assegno sociale previsto dal sistema contributivo per la pensione di vecchiaia a 67 anni.
Questo intervento è destinato a coloro che hanno iniziato a versare contributi solo dal 1996 e non riescono a raggiungere l’importo soglia stabilito per il pensionamento. Tuttavia, la misura riguarderà probabilmente poche persone, poiché i lavoratori con redditi più bassi hanno una minore partecipazione alla previdenza integrativa.
D’altra parte, sembra ormai accantonata l’idea di consentire il prepensionamento a 64 anni utilizzando il TFR versato nei fondi pensione per chi avrebbe potuto raggiungere un assegno pari a tre volte l’importo dell’assegno sociale. Questo cambiamento non vedrà la luce a causa dell’opposizione della Ragioneria Generale dello Stato, che ha evidenziato il rischio di costi troppo elevati per le finanze pubbliche.
Altre misure sulle pensioni nel 2025
Confermate quota 103, opzione donna e ape sociale anche nel 2025, rimangono anche nel nuovo anno inoltre gli incentivi per chi avrebbe diritto alla quota 103 ma decide di rimanere a lavoro.
Unica novità per le pensioni potrebbe essere relativa al TFR da destinare al fondo pensione tramite una modifica al silenzio-assenso. Ma su quest’ultimo punto si aspetta ancora di capire meglio come dovrebbe funzionare.
Leggi anche: Manovra 2025, il testo del Disegno di Legge di Bilancio per il Parlamento
Conferma di Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale
La Legge di Bilancio conferma inoltre le opzioni per il pensionamento anticipato, già attive nel 2024, come Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale. In particolare, Quota 103, che consente il pensionamento con almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi, mantiene i requisiti stringenti introdotti quest’anno. L’assegno di chi accede a Quota 103 dovrà essere calcolato interamente con il metodo contributivo e sarà limitato a quattro volte il trattamento minimo INPS fino al raggiungimento dell’età di vecchiaia. La stretta sui requisiti ha infatti limitato significativamente il numero di domande, riducendo l’impatto di questa misura sui conti pubblici.
Per quanto riguarda Opzione Donna, sono stati confermati i requisiti già introdotti nel 2024, rendendo questa forma di pensionamento anticipato riservata a determinate categorie di lavoratrici, come caregiver e invalide. Anche Ape Sociale, che permette di accedere alla pensione anticipata a specifiche categorie svantaggiate, continuerà a essere disponibile secondo le condizioni attualmente vigenti.
Incentivi per chi rimane al lavoro oltre i requisiti di pensionamento
Infine, la manovra 2025 introduce incentivi fiscali per i lavoratori che decidono di rimanere attivi anche dopo aver maturato i requisiti per il pensionamento anticipato con Quota 103. Questi lavoratori potranno scegliere di ricevere in busta paga la quota dei contributi a carico del dipendente, pari al 9,19%, anziché versarli. Al momento del pensionamento, l’importo dell’assegno terrà conto di quanto non versato, permettendo così una retribuzione immediata maggiore a chi sceglie di prolungare la propria carriera lavorativa.
In conclusione, la Manovra 2025 porta in dote aumenti limitati per le pensioni minime e conferma le principali forme di pensionamento anticipato con alcune misure volte a incentivare la permanenza nel lavoro. La rivalutazione completa delle pensioni e l’introduzione di nuovi strumenti per accedere alla pensione sono interventi mirati a mantenere un equilibrio tra la sostenibilità economica delle casse dello Stato e il sostegno al potere d’acquisto dei pensionati italiani, in un contesto in cui l’inflazione resta una preoccupazione centrale.
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