L’attività di vestizione e di svestizione della divisa di lavoro (cd. tempo tuta o tempo divisa) deve essere inclusa nell’orario retribuito di lavoro solo se il datore impone al dipendente di indossare determinati indumenti dallo stesso forniti, con il vincolo di tenerli sul posto di lavoro.
Viceversa, non sarebbe riconducibile ad orario di lavoro l’ipotesi in cui i lavoratori non siano obbligati ad indossare la divisa in azienda e non abbiano l’obbligo di dismetterla alla fine dell’orario.
In tali ultime ipotesi, infatti, il lavoratore resta libero di scegliere il tempo e il luogo dove indossare la divisa, ben potendo decidere di effettuare tale operazione presso la propria abitazione. E’ quanto chiarito dal Ministero del Lavoro nell’Interpello numero 1 del 2020. ecco i dettagli.
Interpello 1/2020 Ministero del Lavoro
Il chiarimento in oggetto è giunto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con l’Interpello numero 1 del 24 marzo 2020 (testo a fondo pagina). Il documento di prassi risponde a un chiarimento posto dall’UGL (Federazione nazionale delle autonomie).
In particolare è stato chiesto se è possibile includere nell’orario di lavoro i tempi di vestizione della divisa da parte dei dipendenti, inquadrati in vari ruoli professionali. Il dubbio nasce dal fatto che molti contratti collettivi nazionali del lavoro nulla prevedono in merito.
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Orario di lavoro e tempo tuta o divisa: la disciplina
Il Ministero del Lavoro, per rispondere al quesito posto, parte dalla disciplina dell’orario di lavoro. La durata della prestazione lavorativa è definita innanzitutto dall’art. 1 del D.Lgs. n. 66/2003.
Si tratta, in particolare, di un:
qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio delle sue funzioni
Già da questa prima lettura della disposizione normativa, il Ministero del Lavoro ritiene che il tempo dedicato dal lavoratore ad indossare gli indumenti di lavoro non possa, di per sé, essere fatto rientrare nel concetto di “orario di lavoro”.
Ciò in relazione al fatto che il lavoratore, nel momento del cambio, non prestando alcuna attività lavorativa, non si troverebbe nell’esercizio delle sue funzioni.
Tempo divisa: l’orientamento giurisprudenziale
Per offrire una disamina più precisa e specifica, il documento di prassi richiama l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale che distingue tra i seguenti casi:
- se il lavoratore ha avuto in dotazione gli indumenti di lavoro e dispone della possibilità di portarli al proprio domicilio, recandosi al lavoro con gli indumenti già indossati, il tempo impiegato per la vestizione non può essere considerato orario di lavoro;
- se, invece, il datore di lavoro ha fornito al lavoratore determinati indumenti, con il vincolo però di tenerli e di indossarli sul posto di lavoro, il tempo tuta o divisa rientra nel concetto di orario di lavoro. Pertanto andrà computato e retribuito.
Dunque, la ratio del discrimine tra le due diverse fattispecie si fonda sul concetto di eterodirezione dell’operazione da parte del datore di lavoro, rinvenibile esclusivamente nella seconda ipotesi.
Diverse sono le pronunce della Cassazione in merito. Con la sentenza n. 1352/2016, la Cassazione ha evidenziato che:
nel caso degli infermieri l’atto di indossare la divisa deve essere inquadrato non tra le pause lavorative; bensì tra le attività propedeutiche all’esecuzione della prestazione.
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L’attività di assistenza richiede che la divisa sia necessariamente indossata e tolta, presso il luogo di lavoro e non altrove (per ragioni di igiene).
Ancora, la Corte di Giustizia UE ha stabilito che:
se il lavoratore non ha un luogo di lavoro fisso o abituale, costituisce “orario di lavoro” anche il tempo di spostamento che tali lavoratori impiegano per raggiungere i luoghi in cui si trovano i clienti indicati dal loro datore di lavoro.
Diversamente, non costituisce orario di lavoro esclusivamente il periodo durante il quale i lavoratori dispongono della possibilità di gestire il loro tempo in modo libero e di dedicarsi ai loro interessi.
Tempo vestizione della divisa: la risposta del MLPS
In definitiva, nel rapporto di lavoro subordinato il tempo necessario ad indossare la divisa aziendale rientra nell’orario di lavoro; ma soltanto se è assoggettato al potere conformativo del datore di lavoro. Questo può derivare dal regolamento aziendale oppure, implicitamente, dalla natura degli indumenti o dalla funzione che essi devono assolvere. Le stesse, infatti, potrebbero determinare un obbligo di indossare la divisa sul luogo di lavoro.
Il Ministero del Lavoro conclude, quindi, che il “tempo tuta e doccia” deve essere retribuito ove sia eterodiretto dal datore di lavoro; in questo caso il datore ne disciplina tempo e luogo di esecuzione.
Diverso il caso in cui, invece, al dipendente sia data facoltà di scegliere quando e dove cambiarsi. Tale operazione fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento della prestazione lavorativa e, in quanto tale, non dovrà essere retribuita.
Testo Interpello Min. Lavoro numero 1 del 24 marzo 2020
Ecco il testo completo dell’Interpello in oggetto.
Interpello Min. Lavoro numero 1 del 24 marzo 2020 (208,7 KiB, 807 hits)