Si torna a parlare di un tema non nuovo in Italia e spesso al centro di dibattiti, scontri di opinioni e punti di vista opposti. Stiamo parlando del salario minimo, sul quale giungono novità direttamente dai palazzi delle istituzioni UE. Ebbene, Commissione, Consiglio e Parlamento UE hanno approvato una direttiva per rafforzare la contrattazione collettiva, assicurare ai lavoratori una retribuzione ‘dignitosa’ e dunque in grado di rappresentare davvero un adeguato corrispettivo per la prestazione svolta sul luogo di lavoro.
Vero è che l’accordo dovrà essere ulteriormente dettagliato e chiarito sotto vari aspetti, ma è pur vero che siamo innanzi al primo vero passo avanti in un percorso che, secondo gli osservatori, potrebbe presto condurre all’introduzione al salario minimo anche nel nostro paese.
Aggiornamento: pubblicata sulla G.U.U.E. L 275 del 25 ottobre 2022, la Direttiva UE 2022/2041, per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro nell’UE e, in particolare, l’adeguatezza dei salari minimi. Gli Stati membri sono tenuti ad adottare le misure necessarie per conformarsi alla Direttiva entro il 15 novembre 2024.
Vediamo allora un po’ più da vicino quali sono queste novità che arrivano da Bruxelles e perché, probabilmente, si può parlare di svolta sul dibattuto tema del salario minimo.
Salario minimo: che cos’è in breve
Prima di vedere da vicino le ultime novità in tema di salario minimo, è importante ricordare di che cosa stiamo parlando. Esso non può essere inteso se non come una retribuzione minima totale tutelata dalla legge, che indicherebbe così una soglia base di stipendio e un ammontare al di sotto del quale i datori di lavoro e le aziende non potrebbero scendere.
La finalità di detto salario è facilmente individuabile: esso costituirebbe uno strumento di garanzia nelle mani del lavoratore, ad assicurare a lui ed alla sua famiglia la possibilità di condurre un’esistenza dignitosa sul fronte economico e delle spese da sostenere nel quotidiano.
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Gli aspetti caratterizzanti della direttiva UE sul salario minimo
Ebbene, come accennato in apertura, grazie ad una riunione di Commissione europea, Consiglio Ue e Parlamento europeo, si è giunti ad una direttiva sul salario minimo, che si caratterizza nei termini seguenti:
- non obbliga gli Stati membri a cambiare i propri sistemi già valevoli nei confronti dei lavoratori;
- tuttavia li invita a introdurre e promuovere salari ‘adeguati ed equi’, a tutto beneficio dei lavoratori.
In particolare, la direttiva vuole favorire la contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari e dei livelli adeguati di salari minimi legali, ma anche prevede la redazione e presentazione di relazioni sulla copertura e l’adeguatezza dei salari minimi da parte dei paesi UE, Italia compresa.
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Salario minimo, qual è la situazione in Unione Europea
Attualmente nell’Unione Europea non sussiste una legislazione uniforme sull’argomento: ciò spiega il perché della direttiva. 21 Stati su 27 hanno emanato provvedimenti in tema di salario minimo; infatti Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Svezia e appunto Italia hanno preferito finora affidare le regole sull’individuazione dello stipendio base ai vari CCNL di categoria.
Lo ribadiamo per chiarezza: anche nei 21 paesi UE in cui è presente il salario minimo, la situazione non è omogenea. Vi sono infatti forti differenze sul piano dell’importo dell’erogazione: basti pensare al Lussemburgo dove supera i 2mila euro al mese e paesi come Grecia o Portogallo, dove la paga minima oraria è al di sotto dei 5 euro – ed addirittura al caso della Bulgaria, con 1,87 euro all’ora.
Salario minimo, qual è l’attuale situazione in Italia
Lo abbiamo detto: nel nostro paese il dibattito sul salario minimo non si è mai spento. Anzi quest’ultimo, alcune settimane fa, è tornato ad essere direttamente considerato nell’ambito delle attività della Commissione Lavoro del Senato. Infatti, a seguito di una fase di stallo è ricominciato l’iter parlamentare del disegno di legge, che costituisce il testo base al centro della discussione per il riconoscimento, nei contratti di lavoro, di una retribuzione complessiva non al di sotto dei 9 euro l’ora (al lordo degli oneri contributivi e previdenziali).
E non a caso proprio in questo periodo il tema del salario minimo riemerge con forza. Oltre alle formazioni politiche che da lungo tempo ne rivendicano l’utilità, non manca ora chi sostiene la doverosità di questo istituto – onde permettere ai lavoratori di far fronte ad un incremento del costo della vita correlato ad un’inflazione in deciso aumento.
Per quanto riguarda la situazione in UE, lo abbiamo detto in apertura: la direttiva sul salario minimo è di fatto alle sue prime battute e l’iter per passare dalle parole ai fatti è ancora ricco di tappe. Prossimamente il documento tornerà alla commissione Lavoro e Affari sociali del Parlamento UE e, di seguito, sarà di nuovo discusso in Aula. La direttiva in oggetto dovrà così essere approvata in maniera definitiva dal Consiglio UE e pubblicata in GU. Ciò ovviamente ai fini della sua entrata in vigore.
Detta direttiva sarà tecnicamente vincolante, ma l’Italia e gli altri Stati membri UE avranno due anni di tempo per recepirla con provvedimento ad hoc.