La riforma del pubblico impiego arriva in Parlamento e con essa anche l’attesissima norma salvaprecari.
In questi giorni è in corso di esame alla Camera dei Deputati il decreto targato Madia, di riforma del Testo Unico del Pubblico impiego.
Come ricorderete, lo scorso 23 febbraio, il Governo ha varato gli ultimi cinque decreti attuativi della Riforma della PA.
Tra di essi vi è anche il decreto di riforma del Pubblico impiego che contiene, tra l ‘altro, la cosidetta norma salvaprecari.
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Piano per l’assunzione dei precari
Nella bozza di decreto legislativo recante modifiche e integrazioni al Testo unico del pubblico (d.lgs.165/2001), l’art. 20 reca le “disposizioni per il superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni”.
La norma come preannunciato dalla Ministra Madia vuole ridurre il precariato storico della PA cercando di dare un freno al continuo ricorso ai contratti a termine e, al contempo, cercare di valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato.
Il decreto, proprio per questo, consente alle Pubbliche amministrazioni di assumere a tempo indeterminato, per il triennio 2018-2020, sempre in relazione al piano triennale dei fabbisogni e con l’indicazione della relativa copertura fìnanziaria, il personale che possegga i seguenti requisiti:
- sia in servizio con contratti a tempo determinato presso l’amministrazione che procede all’assunzione;
- sia stato già selezionato dalla medesima amministrazione con procedure concorsuali;
- abbia maturato alle dipendenze dell’amministrazione che procede all’assunzione almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, a partire dunque dal 2009.
Sempre nello stesso triennio le Pubbliche amministrazioni possono bandire concorsi a tempo indeterminato riservando una quota del 50% dei posti messi a concorso al personale a tempo determinato che possegga tutti i seguenti requisiti:
- sia in servizio con contratti di lavoro flessibile presso l’amministrazione che bandisce il concorso;
- abbia maturato alle dipendenze dell’amministrazione che bandisce il concorso almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni.
Il comma 8 dell’art 20 in questione, consente alle PA di poter prorogare i rapporti di lavoro flessibile con i soggetti che partecipano alle procedure sopra descritte fino alla loro conclusione, nei limiti delle risorse disponibili.
A chi non si applica la norma salvaprecari
Sono escluse da questa possibilità i comuni che in ciascuno degli anni del quinquiennio 2012-2016 non hanno rispettato i vincoli di finanza pubblica.
La norma salvaprecari inoltre, non troverà applicazione per il personale inserito nei cd. “uffici di staff” e per le qualifiche dirigenziali a contratto.
Esclusi da questa forma di reclutamento anche il personale docente e gli ATA nonchè gli istituti di ricerca che, continuano a viaggiare con le loro discipline speciali.
Va bene tutto e grande merito va alla Ministra Madia che almeno sta provando a risolvere questo problema che ha reso una intera generazione precaria anche e soprattutto delle PA.
Una riflessione nasce spontanea: dal testo della legge sembrerebbe che i requisiti per accedere alla “stabilizzazione” debbano essere posseduti simultaneamente; allora chi ha maturato i 36 mesi negli otto anni richiesti dalla legge ma, non si troverà più nel triennio 2018-2020 a lavorare nell’ente perchè ha un contratto magari scaduto da poco; che fa? Rimane fuori? o sono previste ulteriori “finestre” di ingresso?
Forse sarebbe il caso di meditare e cercare di non fare ancora una volta precario di serie A e precario di serie B.