Uno dei punti della riforma del lavoro è il riordino delle diverse tipologie contrattuali atipiche e precarie presenti nel nostro ordinamento; sono quegli interventi sulla flessibilità in entrata che mirano a rendere “sconvenienti” per i datori di lavoro il ricorso ad un utilizzo improprio dei contratti esistenti che, hanno reso precari una intera generazione di lavoratori.
C’è poi la riforma degli ammortizzatori sociali e dell’art 18, su cui, dopo un primo stop dei sindacati, sembra finalmente spuntare un accordo sia con le parti sociali che con i partiti politici. Ma andiamo con ordine.
La bozza della riforma, consegnata alle parti sociali, reperibile sui siti delle maggiori testate nazionali , è composta, allo stato, di due documenti: uno relativo ai contratti, “linee di intervento sulla disciplina delle tipologie contrattuali2 e l’altro, dedicato agli ammortizzatori sociali denominato appunto, “Ammortizzatori Sociali, Proposte di riforma – Bozza”.
Analizziamo il documento sui contratti: l’obiettivo generale è di “Rendere più dinamico il mercato del lavoro, soprattutto a vantaggio delle fasce svantaggiate (a partire dai giovani), contrastando al contempo il fenomeno della precarizzazione della forza lavoro”.
Contratto a tempo determinato
Il disincentivo all’uso del contratto a tempo determinato è perseguito, principalmente, tramite un incremento del relativo costo contributivo, destinato al finanziamento dell’assicurazione sociale per l’impiego (attuale assicurazione contro la disoccupazione involontaria).
Questa maggiorazione contributiva può essere recuperata (trasformandosi in un 2premio di stabilizzazione”) nel caso che all’assunzione o alle assunzioni a termine faccia seguito l’assunzione a tempo indeterminato del lavoratore.
Per far fronte all’esigenza di limitare il fenomeno della successione abusiva di contratti a termine, viene resa più rigida la disciplina del rinnovo dei contratti a termine, tramite “l’aumento dell’intervallo temporale che deve esservi tra la scadenza di un contratto e la stipulazione di quello successivo”.
Circa le sanzioni in caso di contratto illegittimo, “il regime continuerà ad essere basato sul doppio binario della “conversione” del predetto contratto e del riconoscimento al lavoratore di un importo risarcitorio compreso tra 2,5 e 12 mensilità retributive secondo quanto previsto dall’art. 32, comma 5, della legge n. 183/2010 (cd. Collegato lavoro), di recente dichiarato legittimo dalla sentenza n. 303/2011 della Corte costituzionale”.