In data 05/01/2018 è stata pubblicata la Circolare n. 3/2018 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) in tema di attività di vigilanza.
In particolare l’INL, con la predetta circolare, ha risposto ad alcune richieste di chiarimenti pervenute da diversi ispettorati territoriali del lavoro che, in sede di accesso ispettivo, hanno riscontrato la mancata applicazione di contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Secondo l’INL tale circostanza, pur in presenza di un principio di libertà sindacale, non è priva di rilevanza in quanto il nostro ordinamento riserva l’applicazione di determinate discipline alla sottoscrizione o all’applicazione della contrattazione collettiva dotata del requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi.
Ad esempio, in tema di “contratti di prossimità”, eventuali accordi sottoscritti da soggetti non abilitati non possono evidentemente produrre l’effetto di derogare alle disposizioni di legge e alle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro con la conseguenza che, in caso di accertamento in sede di accesso ispettivo, gli ispettorati territoriali dovranno adottare i relativi provvedimenti del caso (recupero dei contributi e eventuale diffida accertativa per crediti patrimoniali).
Lo stesso dicasi in tema di “benefici normativi e contributivi” che, ai sensi dell’art. 1, comma 1175, della Legge 296/2006 sono subordinati al possesso del DURC (interno) e all’integrale rispetto degli altri obblighi di legge derivanti dalle disposizioni in materia di lavoro e legislazione sociale e dalla normativa contenuta nei contratti collettivi di lavoro, nazionali, territoriali, aziendali, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Così in tema di “contribuzione dovuta” il cui parametro di riferimento, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1, comma 1, del D.Lgs. 338/1989 e dell’art. 1, comma 25, della Legge 549/1995, non può che essere la contrattazione collettiva dotata del requisito della maggiore rappresentatività a livello nazionale, indipendentemente dai CCNL applicati ai fini retributivi.
Inoltre, sempre secondo l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, la questione è rilevante anche in tema di facoltà, rimessa dalla legge alla contrattazione collettiva, di integrare la normativa legislativa su alcuni istituti contrattuali. Così, l’art. 51 del D.Lgs. 81/2015 (decreto di riordino dei contratti di lavoro) precisa che ai fini del presente decreto, per contratti collettivi, salva diversa previsione, si intendono i contratti nazionali, territoriali aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro RSA ovvero dalla RSU. Con la conseguenza che solo questo tipo di contrattazione collettiva può integrare, ove consentito dal D.Lgs 81/2015, la normativa legislativa, ad esempio in materia di apprendistato o di lavoro a chiamata o di lavoro a termine, e non altra contrattazione collettiva priva del requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi, pena la trasformazione del rapporto di lavoro nella “forma comune” ossia il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
I predetti chiarimenti dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro rivestono quindi una particolare importanza nella scelta datoriale del CCNL da applicare ai rapporti di lavoro del personale dipendente, state l’eccessiva proliferazione di contratti collettivi privi del requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi.