Nella NEWSLETTER N. 406 del 28 settembre 2015 il Garante della Privacy riporta un recente provvedimento nel quale afferma, a seguito di un ricorso da parte di una lavoratrice dipendente, un importante principio circa la riservatezza del contenuto di comunicazioni di tipo elettronico o telematico scambiate dai dipendenti nell’ambito del rapporto di lavoro.
Il datore di lavoro non può spiare le conversazioni Skype dei dipendenti, più in generale il contenuto di comunicazioni di tipo elettronico o telematico scambiate dai dipendenti nell’ambito del rapporto di lavoro godono di garanzie di segretezza tutelate anche a livello costituzionale.
Il principio è stato ribadito dal Garante privacy in accoglimento di un ricorso proposto da una lavoratrice dipendente, la quale lamentava l’illecita acquisizione di conversazioni, avute con alcuni clienti/fornitori, che sono state poste poi alla base del suo licenziamento da parte dell’azienda.
A seguito del provvedimento del Garante della privacy il datore di lavoro non potrà effettuare alcun trattamento dei dati personali contenuti nelle conversazioni ottenute in modo illecito, limitandosi alla conservazione di quelli finora raccolti ai fini di una eventuale acquisizione da parte dell’autorità giudiziaria.
Per il Garante, il datore di lavoro è incorso in una grave interferenza nelle comunicazioni. Infatti il datore per sua stessa ammissione, ha installato un software sul computer assegnato alla dipendente, in grado di visualizzare sia le conversazioni effettuate dalla ricorrente dalla propria postazione di lavoro prima di uscire dall’azienda, sia quelle avvenute successivamente da un computer collocato presso la propria abitazione.
Questa procedura, secondo il Garante, è in evidente contrasto con le “Linee guida del Garante per posta elettronica e Internet” e con le disposizioni poste dall’ordinamento a tutela della segretezza delle comunicazioni, nonché con la stessa policy aziendale approvata anche dalla competente Direzione territoriale del lavoro.
Il Garante conclude che pur spettando al datore di lavoro definire le modalità di utilizzo degli strumenti aziendali, occorre comunque che queste rispettino la libertà e la dignità dei lavoratori, nonché i principi di correttezza (secondo cui le caratteristiche essenziali dei trattamenti di dati devono essere rese note ai lavoratori), di pertinenza e non eccedenza stabiliti dal Codice privacy. Principi questi da tenere ben presenti, in considerazione del fatto che l’esercizio del controllo da parte del datore di lavoro può determinare la raccolta di informazioni personali, anche non pertinenti, di natura sensibile oppure riferite a terzi.