Negli ultimi mesi si parla con molta frequenza dei temi della parità retributiva tra uomo e donna e delle misure da introdurre per colmare un gender pay gap che in Italia è piuttosto evidente. Ecco perché non passano di certo inosservate le ultime novità giunte in ambito UE, aventi ad oggetto la lotta al divario retributivo di genere.
Recentemente le istituzioni comunitarie hanno agito a riguardo ed infatti il Consiglio dell’UE ha scelto di adottare nuove regole proprio in tema di trasparenza degli stipendi. Di rilievo è una direttiva ad hoc sulla trasparenza retributiva, in base alla quale le imprese di tutta l’area dell’Unione saranno obbligate a dare informazioni su quanto versano alle donne e agli uomini per un lavoro di identico valore e a prendere provvedimenti, se il divario retributivo di genere oltrepassa il 5%.
Il provvedimento ha speciale importanza perché peraltro include regole in campo di risarcimento per le vittime di discriminazione retributiva, ma anche sanzioni rivolte ad aziende e datori di lavoro che non applicano le regole di tutela. Vediamo più da vicino.
Direttiva UE sulla trasparenza retributiva: il principio della parità di stipendio
La direttiva indica in particolare due direzioni per accrescere la trasparenza retributiva: maggiore informazioni sul tema e sanzioni in ipotesi di violazione. E sono gli oggettivi dati numerici che hanno spinto le istituzioni UE ad adottare un nuovo provvedimento: nell’UE le femmine guadagnano in media il 13% in meno rispetto ai colleghi maschi e, dunque, il gender pay gap si manifesta con estrema evidenza. Anzi detta distanza è rimasto di fatto invariata negli ultimi dieci anni.
All’interno del sito web del Consiglio si fa notare peraltro che la disparità retributiva pone le donne su un più alto rischio di povertà e spinge anche al divario pensionistico dell’UE, il quale in questi anni si è attestato su circa il 30%.
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Come indica all’articolo 1, la direttiva fissa prescrizioni minime mirate a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di identico valore tra uomini e donne. Si tratta del principio stabilito sancito dall’art. 157 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) e del divieto di discriminazione di cui all’art. 4 della direttiva 2006/54/CE. Ecco perché la recente direttiva è espressamente focalizzata sulla trasparenza retributiva e sul rafforzamento dei relativi meccanismi di applicazione.
Le regole in tema di accesso alle informazioni
Sulla scorta delle nuove regole di cui alla direttiva, aziende e datori di lavoro saranno tenuti a fornire alle persone in cerca di lavoro:
- informazioni e dettagli sulla retribuzione in ingresso o sulla fascia retributiva dei posti vacanti pubblicati,
- riportandole nell’avviso di posto vacante o rendendole note anteriormente alla data del colloquio di lavoro.
Non solo. Sui datori di lavoro varrà l’obbligo di non chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni incassate negli attuali o negli anteriori rapporti di lavoro.
Inoltre, dopo l’assunzione i lavoratori e le lavoratrici – senza alcuna distinzione di genere – avranno il diritto di domandare e ottenere dai propri datori di lavoro dettagli e informazioni specifiche sui livelli retributivi medi delle categorie di lavoratori e lavoratrici, che eseguono l’identico lavoro o un lavoro di uguale valore.
E non è finita qui, perché le nuove norme di cui alla direttiva UE ad hoc indicano anche che i lavoratori, indipendentemente dal sesso, avranno accesso ai criteri usati per individuare la progressione retributiva e di carriera. Detti criteri, rimarca la direttiva, dovranno essere oggettivi e neutri sul piano del genere.
Obblighi di comunicazione
Nella direttiva si trova altresì sancito che i datori di lavoro e le imprese con più di 250 dipendenti saranno obbligate a riferire ogni anno all’autorità nazionale competente, in tema di divario retributivo di genere nella propria organizzazione e misure adottate per contrastarlo. Per le aziende più piccole, il dovere di comunicazione avrà però cadenza triennale.
In particolare se dalla relazione annuale appare evidente un divario retributivo maggiore del 5% e non giustificabile sulla scorta di criteri o fattori oggettivi e neutri sotto il profilo dei generi uomo-donna, i datori saranno tenuti a prendere contromisure – effettuando una valutazione congiunta degli stipendi in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori in azienda.
Violazioni degli obblighi in tema di retribuzione e diritto al risarcimento
Sulla scorta di quanto stabilito nella nuova direttiva, i lavoratori e le lavoratrici che patiscano una discriminazione retributiva fondata sull’appartenenza al genere, avranno diritto di:
- conseguire un risarcimento;
- ottenere il recupero totale delle retribuzioni arretrate e dei collegati bonus o pagamenti in natura.
Interessante anche notare che se è vero che l’onere della prova, nelle ipotesi di discriminazione retributiva, è stato finora tipicamente gravante sul lavoratore o della lavoratrice, è altrettanto vero che sarà da adesso compito dell’azienda provare di non aver violato le norme dell’Unione Europea in campo di parità di retribuzione e trasparenza retributiva. Le sanzioni comporteranno delle ammende.
Parità retributiva uomo-donna: cosa succederà ora in Italia?
Alla luce di quanto abbiamo visto finora, non sorprende che la trasparenza retributiva fondata sul genere sia stata inclusa tra le priorità chiave della strategia dell’Unione per la parità uomo-donna sul lavoro 2020-2025. Le istituzioni comunitarie sono concordi nel varare regole comuni che rafforzino la lotta al gender gap e favoriscano retribuzioni uguali indipendentemente dal sesso.
Ricordiamo inoltre che la direttiva sulla trasparenza retributiva entrerà in vigore alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’UE. Di seguito, essendo una direttiva e non un regolamento (quest’ultimo immediatamente applicabile), gli Stati membri dell’UE – Italia compresa – avranno tre anni per “recepire” l’atto, applicando con legge nazionale le norme di tutela fissate in sede UE.
Per ulteriori informazioni e dettagli rinviamo al testo completo della direttiva in oggetto, disponibile in questa pagina.