Il contribuente oggetto di procedimento sanzionatorio per omesso versamento delle ritenute previdenziali per un importo fino a euro 10.000 annui, con possibile applicazione di una sanzione minima pari allo stesso importo, non può beneficiare della riduzione sanzionatoria prevista dalla norma a carattere generale. Ciò non vale invece per i procedimenti penali non ancora definiti per violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 8/2016 (6 febbraio 2016).
E’ questo uno dei principali chiarimenti forniti dall’INPS con il messaggio 3516 del 2022, con il quale l’Istituto ritorna sulle sanzioni alleggerite previste in capo al trasgressore nel caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali per un importo fino a euro 10.000 annui.
Aggiornamento: il decreto lavoro 2023 (decreto-legge 48 del 4 maggio 2023) prevede novità anche per le sanzioni per l’omesso pagamento delle ritenute previdenziali. I datori di lavoro che non versano i contributi dovuti a seguito delle ritenute in busta paga saranno puniti con multe del valore da una volta e mezza a quattro volte l’importo non versato.
Di seguito i dettagli.
Omesso versamento delle ritenute previdenziali: cosa cambia con il Dl Lavoro
Il decreto lavoro va a modificare la formulazione della norma con l’obiettivo di mitigare la sanzione amministrativa da applicare in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali di importo non superiore a 10.000 euro annui, trascorsi tre mesi dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.
Come si legge all’articolo 23 del decreto lavoro, se l’importo omesso non supera i 10.000 euro annui, la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro si sostituisce con quella da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso.
Per l’omissione del versamento di importi superiori ai 10.000 euro resta confermata la pena di reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1.032 euro come previsto anche in precedenza.
Omesso versamento di ritenute previdenziali: cosa significa
Per omesso versamento delle ritenute previdenziali si intende il mancato pagamento del datore di lavoro delle ritenute dei contributi INPS in capo al lavoratore, solitamente pari al 9,19%, che si aggiungono ai contributi a carico dello stesso datore. Questi vanno versati congiuntamente con codice DM10 tramite delega F24 entro il 16 del mese successivo a quello in cui maturano.
Quindi trattandosi di una somma di denaro trattenuta direttamente dalla paga del lavoratore, nel momento in cui non viene versata, comporta non solo un debito da parte del datore di lavoro nei confronti dell’INPS, ma una vera e propria omissione che può anche diventare reato penale.
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Depenalizzazione dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali
Per effetto delle novità introdotte dal D.Lgs numero 8 del 2016, articolo 3, comma 6, si depenalizza in parte il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali.
In particolare, qualora il datore di lavoro non provveda al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla notifica della contestazione o dell’accertamento della violazione, è disposta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Ciò vale solo nel caso di omesso versamento delle ritenute per un importo fino a euro 10.000 annui (fattispecie dequalificata in illecito amministrativo).
Con la circolare numero 121 del 5 luglio 2016, l’INPS aveva fornito i primi chiarimenti sulla nuova procedura sanzionatoria, anche sulla base del confronto con il Ministero del lavoro. Tuttavia, i chiarimenti al tempo forniti, avevano provocato una serie di contestazioni anche in sede giudiziaria.
Da qui, L’INPS di concerto con il ministero competente ha approfondito sia:
- il procedimento sanzionatorio fino a oggi adottato,
- sia la misura delle sanzioni amministrative da irrogare ai trasgressori con l’ordinanza-ingiunzione.
Gli ulteriori chiarimenti sono stati forniti con il messaggio INPS n° 3516 del 27 settembre.
Sanzioni per omesso versamento ritenute previdenziali: nuove indicazioni INPS
Il primo aspetto analizzato riguarda l’impossibilità per il trasgressore di usufruire delle riduzioni sanzionatorie di cui all’articolo 16 della legge n. 689/1981.
In particolare, l’impossibilità di applicare le sanzioni ridotte è insita proprio nella peculiarità del procedimento di irrogazione delle sanzioni come innovato dal D.Lgs 8/2016.
Difatti, non si possono applicare le riduzioni sanzionatorie per due motivi (Fonte Inps):
- primo motivo, il pagamento della sanzione in misura ridotta, da effettuarsi entro il termine di 60 giorni dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento della violazione, è incompatibile con il termine entro il quale, ai sensi dell’articolo 3, comma 6, del decreto legislativo n. 8/2016, è ancora possibile effettuare il versamento delle ritenute con effetto estintivo del procedimento sanzionatorio (tre mesi dalla notifica della contestazione o dell’accertamento della violazione);
- il secondo, di natura sostanziale, in quanto la misura della sanzione ridotta determinata in euro 16.666 (1/3 di 50.000) comporterebbe l’impossibilità di irrogare una sanzione amministrativa di importo inferiore a essa e, in conseguenza, di graduare la stessa a partire dalla misura minima edittale di 10.000 euro, prevista dalla norma.
Detto ciò, rispetto ai procedimenti penali non ancora definiti per violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 8/2016 (6 febbraio 2016), è contemplata la possibilità del pagamento delle sanzioni in misura ridotta pari alla metà della sanzione (metà sanzione comminata-vedi comma 5 articolo 9):
in ragione della circostanza che il beneficio dell’intervenuta depenalizzazione si innesta nell’ambito di un procedimento penale già in precedenza pendente.
Inoltre, sempre rispetto a tali procedimenti, è ammesso il pagamento della sanzione in base al sopra citato articolo 16, legge n. 689/1981, se più favorevole (1/3 sanzione massima).
Il regime speciale in parola (metà sanzione o 1/3 sanzione massima) riguarda solo le mensilità che concorrono alla soglia delle 10.000 euro, riferite esclusivamente alle violazioni commesse anteriormente al 6 febbraio 2016, data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo 8 del 2016.