Il 21 giugno 2019 l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha adottato a Ginevra la Convenzione numero 190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro.
Il documento, ratificato dall’Italia e in vigore dal 29 ottobre scorso, richiede che ciascuno Stato si impegni ad adottare leggi e regolamenti che definiscano e proibiscano la violenza e le molestie sul lavoro, oltre ad assumere misure adeguate per prevenire eventi di questo tipo.
Nel diritto penale italiano, in particolare, non si prevedono attualmente fattispecie ad hoc per le molestie sessuali in ambito lavorativo. A livello giurisprudenziale, infatti, le molestie sono state, a seconda della gravità e delle modalità dei comportamenti, sussunte in vari reati.
Lo stesso fenomeno del mobbing non trova una specifica disciplina nei provvedimenti legislativi di rango primario. In assenza pertanto di una disciplina organica del fenomeno in parola, sempre la giurisprudenza è intervenuta in funzione di supplenza del legislatore, tipizzando le condotte, configurabili attraverso una varietà di atti e comportamenti in cui elementi soggettivi di carattere psicologico rendono più complessa l’analisi probatoria.
Per ovviare a questi “vuoti” normativi e dare attuazione a quanto previsto dalla Convenzione OIL, sono attualmente all’esame del Senato tre disegni di legge: A.S. numero 89, A.S. numero 257 ed A.S. numero 671 contenenti “Disposizioni in materia di molestie sul lavoro, molestie sessuali e mobbing”.
Analizziamo le principali novità in dettaglio.
Molestie sessuali
Il disegno di legge A.S. numero 89 contiene una serie di disposizioni intese a contrastare le molestie sessuali commesse in ambito lavorativo.
L’articolo 1 introduce nel codice penale, all’articolo 609-ter 1, il reato di molestie sessuali. La norma punisce con la reclusione da due a quattro anni chiunque, con minacce, atti o comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, in forma verbale o gestuale, reca a taluno molestie o disturbo violando la dignità della persona.
La pena citata è aumentata della metà se dal fatto, commesso nell’ambito di un rapporto di educazione, istruzione o formazione ovvero nell’ambito di un rapporto di lavoro, di tirocinio o di apprendistato, anche di reclutamento o selezione, con abuso di autorità o di relazioni di ufficio, deriva un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Vigilanza da parte dell’Ispettorato del lavoro
L’articolo 3 del d.d.l. citato prevede una vigilanza da parte dell’Ispettorato nazionale del lavoro, a decorrere dalla denuncia delle molestie sessuali sul luogo di lavoro, sullo stato del rapporto di lavoro della lavoratrice o del lavoratore denunciante, al fine di assicurare la tutela prevista dal codice delle pari opportunità tra uomo e donna.
Si contempla inoltre l’intervento delle organizzazioni sindacali, nel caso in cui siano presentate le dimissioni da parte della lavoratrice o del lavoratore.
Lotta al mobbing
Il d.d.l. A.S. numero 257 si propone di introdurre norme volte a contrastare il fenomeno del mobbing. Con quest’ultimo termine si individuano le molestie morali e le violenze psicologiche esercitate sul posto di lavoro, con modalità lesiva, svolte con carattere iterativo e sistematico al fine di emarginare, discriminare, screditare o, comunque, recare danno alla lavoratrice o al lavoratore in relazione alla sua carriera, alla sua autorevolezza ed al rapporto con gli altri.
Sempre la norma elenca una serie di condotte che, a titolo di esempio, richiamano una molestia morale o violenza psicologica. Vi rientrano, tra le altre:
- Rimozione di incarichi;
- Esclusione dalla comunicazione e dalle informazioni aziendali;
- Svalutazione sistematica dei risultati, che può spingersi fino al sabotaggio del lavoro, il quale può essere svuotato dei suddetti contenuti oppure privato degli strumenti necessari al suo svolgimento.
Il comma 2, articolo 2, del disegno di legge equipara alla commissione dei fatti di mobbing la condotta di colui che istighi a commetterli.
Informazione ai dipendenti
L’articolo 3 del d.d.l. A.S. numero 257 prevede che, al fine di prevenire i casi di molestie morali e violenze psicologiche, i datori di lavoro, pubblici e privati, in collaborazione con le organizzazioni sindacali aziendali ed i servizi di prevenzione e protezione della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro delle aziende unità sanitarie locali (AUSL), unitamente ai centri regionali per la prevenzione, la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo, organizzano iniziative periodiche di informazione dei dipendenti, anche al fine di individuare immediatamente sintomi o condizioni di discriminazione.
Sanzione disciplinare
Sempre l’A.S. numero 257 (articolo 7) prevede l’applicazione, nei confronti di coloro che pongono in essere molestie morali e violenze psicologiche nell’ambito del posto di lavoro, di una sanzione disciplinare stabilita in sede di contrattazione collettiva, da parte del datore di lavoro pubblico o privato ovvero del loro diretto superiore.
Tutele per i soggetti denuncianti
Il disegno di legge numero 671 prevede una specifica tutela (articolo 3) per i soggetti che, in ambito lavorativo, denunciano molestie sessuali. Nello specifico si esclude che la lavoratrice o il lavoratore possa essere, a causa della denuncia o della querela, sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro. A tutto ciò consegue la nullità del licenziamento ritorsivo o discriminatorio, del mutamento di mansioni e di qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del denunciante.
Il comma 2 del medesimo articolo 3 prevede che l’Ispettorato nazionale del lavoro vigili, a decorrere dalla data della denuncia (ove presentata al medesimo), sullo stato del rapporto di lavoro della lavoratrice o del lavoratore.
Eventuali dimissioni rassegnate dai lavoratori denuncianti, nei trenta giorni precedenti, contestualmente o nei sessanta giorni successivi alla denuncia o querela, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali territorialmente competente. Viene altresì prevista l’erogazione, sempre in favore del dipendente interessato, dell’indennità sostitutiva del preavviso.
Congedo per vittime di molestie sessuali
Il disegno di legge A.S. numero 671 estende (articolo 4) ai lavoratori e alle lavoratrici che risultino con sentenza, anche di primo grado, vittime di molestie sessuali in ambito lavorativo il diritto al congedo per motivi connessi al percorso di protezione (debitamente certificato) relativo alla violenza di genere.
In favore dei lavoratori in parola è altresì prevista:
- La trasformazione del rapporto da full-time a part-time (ove ne sussista la possibilità);
- Il diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, a patto che tale ultima modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.
Da notare che il rapporto part-time è nuovamente trasformato in un tempo pieno, in qualunque momento, a richiesta della lavoratrice o del lavoratore interessato, compatibilmente con le esigenze aziendali o dell’amministrazione di appartenenza.
Reato di molestie sessuali
L’articolo 8 del disegno di legge A.S. numero 671 introduce nel codice penale, all’articolo 609-ter 1 il reato di molestie sessuali. La norma punisce con la reclusione fino a tre anni chiunque con minacce, reiterati atti o comportamenti indesiderati, aventi ad oggetto allusioni sessuali, reca a taluno molestia o disturbo violando la dignità della persona.
Vengono poi previste una serie di aggravanti. In particolare la pena è aumentata della metà se il fatto è commesso nell’ambito di un rapporto di educazione, istruzione o formazione ovvero in un rapporto di lavoro, di tirocinio o di apprendistato, anche di reclutamento o selezione, con abuso di autorità o di relazioni di ufficio, in modo da rendere intollerabile, degradante o umiliante la prosecuzione del rapporto medesimo.