Con nota numero 12209 del 17 luglio 2014 la Direzione generale del Ministero del Lavoro risponde ad una richiesta di chiarimento della Direzione Territoriale del Lavoro di Cuneo in merito agli obblighi di cui all’art. 14 comma 1 del D. Lgs. 66/2003 relativamente ai lavoratori assunti con contratto di lavoro intermittente notturno, ovvero impiegati durante il periodo notturno, cioè il “periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l ‘intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino” (v. art. 1, comma 1, lett. d), D.Lgs. cit.).
Al riguardo, prosegue la nota, si evidenzia in primis che ai sensi della succitata norma i lavoratori notturni devono essere sottoposti almeno ogni due anni a controlli preventivi e periodici, “volti a verificare l ‘assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti i lavoratori stessi”.
L’obbligo sussiste, sottolinea il Ministero, anche nei confronti dei lavoratori intermittenti, nella misura in cui gli stessi possano considerarsi “lavoratori notturni”. Ai sensi dell’art. 1, comma 1 lett e), D.Lgs. n. 66/2003, per lavoratore notturno si intende
“qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale”
oppure
“qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. in difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno tre ore lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale”
In proposito, osserva la nota, il primo dei due suddetti criteri di definizione di lavoratore notturno implica l’esistenza di un rapporto di lavoro continuativo, predeterminato anche in relazione alla obbligatorietà della prestazione ed alla collocazione temporale della stessa, che mal si coniuga con le peculiarità stesse del lavoro intermittente.
Per queste ragioni per ricondurre la prestazione del lavoratore intermittente a quella del lavoratore notturno bisogna far riferimento alla seconda definizione su esposta.
Visto che il legislatore ha richiesto un impegno notturno di almeno 80 giorni lavorativi all’anno per l’applicazione dei relativi obblighi di controllo, lo stesso limite minimo vale anche per i lavoratori intermittenti, ripsetto ai quali inoltre non è possibile quantificare preventivamente il numero di giornate che andrà a prestare.
Ne consegue che gli obblighi di cui all’art. 14, D. Lgs. 66/2003 nei confronti dei lavoratori intermittenti debbano essere assolti solo nelle ipotesi in cui i lavoratori siano impiegati per un minimo di 80 giorni all’anno, pertanto anche i controlli preventivi dovranno essere effettuati prima della effettuazione della ottantesima giornata di prestazione notturna.